Uno spot pubblicitario di Coinbase Global dice: “Nel 2012, avresti avuto bisogno di 30.000 bitcoin per comprare una casa… Dieci anni dopo, ti sarebbero bastati 20 bitcoin… E oggi, la casa potrebbe essere tua per 5”.

Non c’è dubbio: negli ultimi dieci anni e piu’, bitcoin ha dimostrato di essere una delle migliori coperture contro l’inflazione.

E anche se forse la maggioranza delle persone non approfitterà mai di questa eccellente ancora di salvezza, di certo il governo e le aziende americane sono ormai ben decise a sfruttarla, al punto da mettere bitcoin al centro della loro rivoluzione economica.

Come abbiamo spiegato in diversi post e in questo articolo, la rivoluzione economica messa in atto dal governo americano attuale punta a riformare il modo in cui il dollaro viene usato come riserva globale, cercando di far pagare agli altri paesi il surplus di valore che il dollaro assume proprio in quanto riserva sovranazionale.

Questo obiettivo si ottiene riducendo la disponibilità di dollari creati fuori dagli Stati Uniti, cioè, in pratica, rendendo difficile o oneroso per le banche non americane emettere obbligazioni americane (come spiegato qui).

In tal modo, le nazioni e le aziende che vorranno continuare ad accumulare queste obbligazioni come bene rifugio, non potranno limitarsi a comprarle (pagandole alla pari) nelle banche dei paradisi fiscali e della UE, ma dovranno anche pagarne il “valore aggiunto” direttamente al Tesoro USA, sotto forma di tariffe sulle esportazioni verso gli USA (tramite i dazi imposti da Trump).

Per rendere concreto e tangibile questo valore aggiunto da pagare (e cosi’ restituire al dollaro un valore intrinseco universalmente accettato, piuttosto che un mero valore contabile tendente allo zero), i titoli di stato denominati in dollari dovranno esprimere sempre piu’ il valore dell’economia USA anziché un valore astratto legato alla creatività contabile delle banche centrali.

Ecco perché il secondo elemento di questa rivoluzione economica, accanto alla ripresa del controllo sul dollaro, è fare in modo che gli asset della nazione (immobili, aziende, risorse di vario tipo) vengano messi a copertura del dollaro stesso.

I vari asset dell’economia reale americana, come aziende, risorse minerarie e immobili, dovranno essere sempre piu’ integrati al sistema finanziario, in modo da contribuire al “valore” complessivo del sistema dollaro, rendendo tale valore sempre meno legato alla stampa di denaro della Federal Reserve e all’inarrestabile perdita di potere d’acquisto che ne deriva.

Virare da un valore del dollaro di tipo inflazionistico a uno di tipo antinflazionistico è il giro di boa su cui ruota l’intera strategia “sovranista” trumpiana. Ed è qui che bitcoin dovrebbe assumere un ruolo cruciale.

Gli asset antiinflazionari, come oro e bitcoin, dovranno infatti diventare il puntello di tutto il sistema.

Un passo avanti in questa direzione è stato fatto con una recente direttiva dell’Agenzia Federale della Finanza Immobiliare, che ci riconduce alla pubblicità di Coinbase che avevo citato all’inizio.

Perché infatti Coinbase pubblicizza il valore di bitcoin in relazione al valore di un immobile?

Perché, in base a questa direttiva, pubblicata a giugno, d’ora in poi tutti gli Americani potranno aprire un mutuo immobiliare mettendo a garanzia i loro bitcoin, purché siano depositati in piattaforme regolamentate, come appunto quella di Coinbase.

Questa direttiva è un altro tassello legislativo che si aggiunge ad altri, importantissimi, già esistenti, cioè:

– alla possibilità data alle banche di inserire criptovalute nelle loro riserve senza doverle collateralizzare con cifre assurde.

– alla possibilità data ai fondi pensione e altri strumenti di gestione patrimoniale di inserire le criptovalute, non piu’ considerate un asset rischioso

– alla possibilità data alle aziende, come Strategy, di inserire criptovalute nei loro bilanci.

Aziende, risparmi dei cittadini e patrimoni aziendali, grazie a queste nuove leggi, potranno essere tutti collateralizzati dall’asset antinflazionistico per eccellenza: bitcoin.

E ora, il governo tenta di fare lo stesso col credito immobiliare.

Anche in questo caso, può darsi che l’uomo della strada non approfitterà abbastanza di questa opportunità, ma di certo tutti i fondi di investimento americani che posseggono ormai una percentuale notevole del patrimonio immobiliare americano, saranno ben felici di farlo.

Come si può imaginare, l’importanza sistemica di avere un credito immobiliare potenzialmente sempre meno dipendente dall’inflazione creata dai tassi d’interesse della Federal Reserve è epocale

E a molti analisti sfugge ancora la crescente influenza di tutto questo sul mercato di bitcoin.

Eppure, basta riflettere sul fatto che ormai i detentori a lungo termine e le cosiddette “balene” controllano oltre il 74% dell’offerta totale di bitcoin.

Si tratta della concentrazione più alta degli ultimi 15 anni.

Se pensiamo al coinvolgimento sempre piu’ ampio di istituzioni, banche, fondi comuni, aziende, multinazionali e agenzie di credito in questo reset antiinflazionistico centrato su bitcoin, possiamo iniziare a capire che qui non siamo piu’ davanti al puro e semplice accumulo speculativo di bitcoin da parte di persone o entità che investono.

Qui si tratta ormai di un accumulo strategico da parte di componenti sempre piu’ ampie dell’economia e della società americana.

Per dirla in parole povere, settori sempre piu’ ampi della società americana non stanno facendo trading, stanno prendendo il controllo del mercato di bitcoin.

Nei prossimi mesi e anni, vedremo in America sempre piu’ fondi pensione, società quotate e istituzioni di vario tipo rimodellare le loro strategie per includere gli asset digitali.

E questo grande sconvolgimento tettonico cambierà il volto del mercato cripto, specialmente quello di bitcoin ed ethereum.

Questi venti di cambiamento potrebbero creare una tempesta perfetta: la domanda istituzionale che si scontrerà, prima o poi, con un’offerta in calo, mentre la spinta all’accumulo ridurrà sempre piu’ le capacità del mercato dei derivati di creare forti oscillazioni a ribasso.

Infatti, l’offerta totale di Bitcoin ammonta a soli 21 milioni di token (di cui il 94% è già stato coniato). Ma attualmente si stima che in tutto il mondo esistano circa 400,4 milioni di società pubbliche e private potenziali acquirenti aziendali di bitcoin.

In altre parole, il numero teorico di queste potenziali acquirenti surclassa di gran lunga l’offerta totale di Bitcoin, di ben 19 a 1!

Cosa succederà ai prezzi, mentre questa ondata di denaro fresco si riversa sulla limitata offerta di token bitcoin trimestre dopo trimestre, anno dopo anno?

Questo mercato rialzista stealth potrebbe alla fine far salire il prezzo di Bitcoin a livelli che nessuno osa nemmeno immaginare oggi. È questo che fanno i megatrend.

Non so se alla fine l’esperimento di Trump di invertire le sorti di un’economia basata sul debito e sul debasement programmato della valuta di scambio avrà successo. Quel che è certo è che i prossimi mesi e anni faranno davvero la storia, in un modo o nell’altro…