Dal momento in cui, nella notte fra domenica e lunedi, è avvenuta quella strana chiusura in massa di posizioni futures sull’oro e l’argento, con un dumping di ben 3 miliardi di dollari effettuato in soli 12 minuti, mi si è accesa una lampadina che non accenna a spegnersi.

Come ho spiegato nella nostra newsletter gratuita, le dimensioni e la velocità di questi movimenti fanno pensare alla mano di una banca centrale, probabilmente la Federal Reserve, che si sta muovendo in preparazione di qualche evento di cui a nostra volta dovremmo capire la natura, in modo da prepararci anche noi, se possibile…

Se cerchiamo di leggere i dati economici con una mente sufficientemente aperta per cogliere il quadro generale, a me sembra che l’evento piu’ probabile, al momento, potrebbe essere una crisi di liquidità simile a quella avvenuta alla fine del 2019.

Tuttavia, andando ancora piu’ a fondo nell’analisi dei dati, non solo economici, ma anche politici, abbiamo individuato un secondo evento che potrebbe avvenire di seguito al primo, ossia una possibile ripresa delle guerre valutarie che spingeranno la Fed a portare nuovamente in basso il valore del dollaro.

Quindi, ricapitolando, e proponendo delle date ipotetiche:

Ottobre 2021: crisi di liquidità con aumento del dollaro e del prezzo dell’oro.

Novembre 2021: guerra valutaria e decisione della Fed di aumentare la competitività del dollaro abbassandone il valore (conseguente diminuzione dei tassi e dell’oro).

Le cause di questi due eventi sono già presenti da alcuni mesi, ma non hanno ancora raggiunto la visibilità sufficiente a scatenare i loro effetti.

Vediamo quali sono.

Ottobre 2021: Crisi di liquidità

Diversi fattori che fanno pensare a questo tipo di crisi sono già in atto da tempo. Basta solo leggerli nei dati economici:

1. La banca centrale cinese ha recentemente abbassato il requisito del coefficiente di riserva che le banche commerciali devono detenere contro i prestiti. Ciò indica debolezza economica in Cina e problemi di liquidità nelle banche.

2. Le banche centrali dei paesi emergenti stanno facendo incetta di oro. Secondo Akash Doshi di Citigroup, tali acquisti potrebbero raggiungere le 1.000 tonnellate. Una cifra che rappresenta oltre il 20%dell’oro prodotto ogni anno dalle miniere.

3. I governi stranieri stanno riducendo le loro disponibilità di titoli del Tesoro USA. I media “complottisti” credono che cio’ indichi un’avversione al dollaro. In realtà è solo l’indizio che i sistemi bancari esteri sono alla disperata ricerca di dollari e vendono titoli del Tesoro per ottenerli.

4. La curva dei futures sull’eurodollaro si è leggermente invertita, indicando una situazione chiamata backwardation (i futures a breve scadenza costano piu’ di quelli a lunga scadenza). Ciò indica che le banche e le grandi istituzioni si aspettano tassi più bassi sul dollaro a lunga scadenza (un segno di recessione) e tassi più alti nel breve termine (un segno di difficoltà finanziarie).

5. La Federal Reserve, nell’ultima riunione ha deciso di ripristinare i suoi interventi nel mercato repo (con cui elargisce liquidità giornaliera alle banche che ne hanno bisogno) rendendoli permanenti (finora erano stati occasionali, solo in caso di necessità) fissando un tasso repo allo 0,05%. Indicativo è anche il fatto che questi interventi saranno disponibili anche per le banche centrali straniere che possano avere bisogno di dollari.

Quest’ultimo elemento dovrebbe essere affiancato all’altra misura con cui abbiamo aperto l’articolo, cioè l’affossamento del prezzo dell’oro, con cui la Fed non solo previene un aumento eccessivo di questo metallo in caso di crisi conclamata, ma induce anche le banche centrali dei paesi emergenti a richiedere piu’ dollari, invece che “perdere tempo” ad accumulare oro.

Novembre 2021: Recessione

La crisi di liquidità è solo un evento collaterale che potrebbe avvenire come anticipo di un fenomeno sottostante di ben piu’ vasta portata, ossia una possibile recessione o un rallentamento dell’economia globale.

Anche di questo fenomeno esistono già abbondanti prove nei dati.

Infatti, mentre i media tentano da mesi di convincerci che l’economia globale è in ripresa assieme all’inflazione, i numeri ci dicono tutt’altro:

  1. Tutti i punti precedenti dall’1 al 3 che indicano mancanza di liquidità (in dollari) nei paesi non occidentali sono anche la prova indiretta che la bilancia commerciale di questi paesi si è indebolita e non è in grado di assicurare riserve in dollari. Infatti:

2. Anche gli ultimi dati americani sulle esportazioni sono deboli, un riflesso del fatto che il resto del mondo non compra i prodotti USA, perché l’economia globale è già in precarie condizioni.

3. In America, il reddito personale è sceso del 30% su base annua, mentre uno dopo l’altro i sussidi governativi per il covid si stanno esaurendo (i prestiti alle aziende a tutela del personale sono finiti. La moratoria per lo sfratto degli affitti è stata prorogata di 90 giorni, ma prima o poi verrà abolita. E molti Stati stanno già chiudendo i programmi di aiuti ancora ufficialmente in corso a livello federale).

Con i sussidi governativi in via di esaurimento, il reddito privato stagnante e le esportazioni in calo, non è chiaro cosa guiderà la crescita del PIL americano nella seconda metà del 2021.

Non per niente, i rendimenti alla scadenza dei titoli del Tesoro USA a 10 anni sono in forte calo dallo scorso marzo. Ciò è indicativo di una fuga verso questi titoli nell’aspettativa di disinflazione e crescita economica più lenta in futuro.

Conclusione: ma perché proprio novembre?

Ma perché proprio a novembre la Fed potrebbe decidere di prendere delle contromisure conto questo rallentamento economico?

Perché a novembre saranno noti i dati economici del trimestre luglio-settembre.

Infatti, facciamo due conti.

Se gli ultimi dati pubblicati, influenzati soprattutto dall’apparente ripresa economica di aprile e maggio, hanno indicato un PIL del 6,5%, comunque piu’ basso delle aspettative, allora per il trimestre successivo, quello in cui ci troviamo ora, in cui il piccolo miracolo economico delle riaperture post covid si sta già esaurendo, il PIL risulterà ben al di sotto del 6,5%.

E questo dato sconfortante verrà pubblicato appunto a novembre, assieme ad altri dati negativi sull’inflazione e sull’occupazione.

A quel punto, mancherà meno di un anno alle elezioni di medio termine del 2022. La Casa Bianca andrà nel panico e si rivolgerà al Tesoro per misure volte a indebolire il dollaro USA.

Per tale ragione ipotizzo che a novembre la Fed potrebbe essere portata a nuove misure di allentamento monetario per rendere il dollaro piu’ competitivo. Misure che faranno scendere i tassi d’interesse e incrementare le borse.

Riassumendo: due fasi opposte di uno stesso fenomeno

Quindi riassumendo: il rallentamento economico, sia in America che nel resto del mondo, potrebbe portare a episodi di crisi di liquidità all’inizio dell’autunno.

Se questi fenomeni saranno abbastanza forti da raggiungere i radar dei media, potremmo avere aumenti dei tassi e/o dell’oro.

In seguito pero’, il fenomeno principale sottostante, cioè l’indebolimento dell’economia globale e negli USA, verrà alla luce nei dati pubblicati a novembre e la Fed sarà costretta a nuove misure di allentamento monetario.

In quel caso, gli effetti saranno opposti a quelli precedenti, cioè si avrà riduzione dei tassi e del prezzo dell’oro (e aumento delle borse).

Avendo in mente questo percorso che attraversa due fasi unite fra loro, ma dagli effetti opposti, eviteremo di confondere i trend di breve-medio periodo con quelli di lungo periodo.

Se ad esempio investiremo in modo speculativo sull’oro, dovremo ricordarci che eventuali aumenti delle quotazioni saranno da considerarsi solo di breve-medio termine.

Allo stesso tempo, eventuali correzioni, anche profonde, delle borse, potranno essere sfruttate per aprire posizioni in vista di una successiva fase rialzista anche abbastanza forte, perché spinta dalla “sopresa” di una Fed in allentamento monetario dopo che i media per sei mesi ci avevano convinto che ci sarebbe stato invece un “tapering”.