I media finanziari continuano a seminare forti dubbi sul fatto che la “fase uno” del deal USA-Cina sia qualcosa piu’ che un’operazione di facciata.

Come avevamo anticipato anche noi a pochi giorni dalla firma, sulla scorta dei dati della Goldman Sachs e di altri, il dubbio maggiore riguarda la possibilità reale che la Cina possa spendere 50 miliardi l’anno in beni provenienti dagli USA, scompaginando gli equilibri commerciali globali (si legga il nostro articolo per i dettagli).

Lo stesso giorno della firma, la Reuters conferma queste perplessità, sostenendo che:

“diversi analisti dubitano sulle possibilità che la Cina possa rimpiazzare le importazioni di altri paesi con quelle provenienti dagli USA”.

Dal 2017 infatti la Cina aveva già ridotto enormemente queste importazioni e nel frattempo aveva stipulato contratti import con altri paesi, che ora all’improvviso si troverebbero spiazzati, con un effetto a catena molto rischioso sull’economia globale e sui cambi valutari.

Nei giorni immediatamente successivi alla firma è stato tutto un fiorire di articoli e dichiarazioni che ridimensionavano la firma della “fase uno” sotto molti aspetti:

  • due terzi di beni cinesi restano soggetti a tariffe di importazione negli USA, cosi’ come metà dei beni USA esportati in Cina.
  • tutti gli aspetti strutturali e legali della disputa fra i due paesi restano irrisolti: i sussidi di stato a sostegno della produzione interna, il “furto” della proprietà intellettuale, il trasferimento obbligatorio di tecnologia per chi vuole investire in Cina, la competizione sleale, il ciber spionaggio, la chiusura dei mercati e molto altro…

Secondo Eswar Prasad, ex direttore dell’ufficio cinese del Fondo Monetario, la “fase uno” non risolve alcuno di questi temi caldi che generano le maggiori tensioni fra Cina e USA.

Molti analisti sostengono che ci vorranno anni per arrivare a una risoluzione di tutto il contenzioso….

Ammesso che una risoluzione sia possibile…

…Diverse concessioni rischieste dagli USA infatti sono semplicemente inattuabili per la Cina, a meno di non rinunciare alle proprie (giuste) velleità di diventare leader globale in molti settori tecnologici avanzati.

Meglio aspettare che Trump venga detronizzato a fine 2020 (le possibilità sono inferiori al 50% , ma cosa sono in confronto al rischio di perdere l’appuntamento con la storia?).

Per questo, la firma della “fase uno” sembra piu’ che altro una tregua concordata che permette a entrambi i paesi di arrivare a quella data senza impegnarsi in nulla di concreto e prevenendo colpi di scena da una parte e dall’altra.

Cio’ non vuol dire che da qui alle elezioni USA il deal USA-Cina sparirà dalle cronache.

Finora è stato un ottimo strumento per manovrare in alto e in basso le borse; e credo che continuerà ad assolvere a questa funzione.

Aspettiamoci dunque un altro anno di fuffa mediatica senza fondamento reale, mentre il commercio globale continuerà ad essere in stagnazione comatosa.

Il team di Strategie Economiche