Abbiamo sempre detto fino alla noia che l’incremento dei prezzi di tutti gli asset da investimento (azioni, derivati, etf, criptovalute, ecc) è dovuto all’incredibile massa di liquidità versata sia dalla Federal Reserve sui mercati che dal Tesoro sull’economia reale.

In totale, parliamo di circa 6 trilioni, da sommare a quelli che verranno versati nel 2021 (probabilmente il doppio o il triplo di tale cifra, visto che giovedi Biden si è già fatto avanti con una proposta da 1,9 trilioni).

Da poche settimane pero’ si è affacciato un nuovo fattore inaspettato che potrebbe rendere ancora piu’ stupefacente questa bolla generalizzata dei mercati. Questo fattore è il rialzo dei tassi d’interesse dei titoli di stato USA a lungo termine.

Nel nostro canale telegram avevamo già fatto notare che il rendimento del Tesoro a 10 anni è salito oggi sopra l’1% per la prima volta da marzo, evidenziando il lato potenzialmente negativo di questo fenomeno (ma niente paura: questa negatività verrà annullata dall’enorme disponibilità di dollari che abbiamo citato sopra).

Non abbiamo ancora spiegato invece il meccanismo che, in questa particolare fase storica, farà in modo che il rialzo dei tassi a lungo termine diventi un inaspettato moltiplicatore di ottimismo nelle borse.

In effetti è rarissimo che un aumento dei tassi avvenga in circostanze tali da innescare questo meccanismo virtuoso. E cio’ rende questa bolla generalizzata, già stupefacente per la sua forza e durata, qualcosa di davvero unico nella storia.

Vediamo quali sono gli ingranaggi di questo meccanismo…

Una insperata rifioritura delle banche americane

Tutti sappiamo che le banche guadagnano denaro prendendo in prestito a tassi di interesse a breve termine e poi prestando a tassi di interesse a lungo termine, di solito maggiori dei primi. Lo spread tra i due è chiamato margine di interesse netto (“MIN“).

Da diversi anni, con la Federal Reserve che mantiene i tassi di interesse a breve termine vicini allo zero, le banche americane non devono pagare molto per prendere in prestito denaro.

Ora pero’, con i tassi di interesse a lungo termine in aumento, le banche potranno anche vedere espandere il loro MIN a livelli mai sognati negli ultimi dieci anni.

Quindi, la combinazione di tassi d’interesse a breve vicini allo zero e tassi a lungo termine in aumento permetterà a molte banche americane di avere finalmente dei bilanci in perfetta salute e renderà molto piu’ facile alle aziende prendere denaro in prestito da queste banche.

Il rally in borsa dei titoli bancari USA ci conferma che anche il mercato ha intuito che la decennale fragilità del sistema bancario-creditizio americano sta per avere termine, almeno per un certo periodo, e che l’economia reale verrà a sua volta beneficiata da questa nuova situazione.

L’inversione della curva dei rendimenti è scongiurata

La “curva dei rendimenti” rappresenta la differenza tra i tassi di interesse a lungo e breve termine.

Nella “normalità” delle cose, i tassi d’interesse a lungo termine sono sempre piu’ alti di quelli a breve termine, in quanto il rischio di impegnare soldi per un tempo piu’ lungo deve essere compensato da un rendimento maggiore.

Forse ricorderai che a fine agosto 2019 diversi media finanziari parlavano allarmati di una “inversione della curva dei rendimenti”, cioè una inversione di questo rapporto tra tassi a breve e tassi a lungo termine (i tassi a breve stavano diventando paradossalmente piu’ alti di quelli a lungo termine).

Nella storia recente questa inversione, verificatasi otto volte, è sempre stata seguita da una recessione. Ed anche quella volta, con una relazione causa-effetto ancora difficile da valutare, l’inversione dei tassi anticipo’ di sei mesi la recessione dovuta alla pandemia.

Oggi per fortuna, sempre grazie al rialzo dei tassi a lungo termine, le cose stanno in modo molto diverso…

La situazione attuale, che combina liquidità illimitata e illimitata possibilità di mantenere i tassi a breve sotto controllo, assieme alla possibilità che una ripresa economica mantenga a lungo l’ottimismo che sta provocando la salita spontanea dei tassi a lungo termine, contiene la migliore combinazione di fattori capaci di scongiurare la temuta inversione dei tassi che aveva tanto allarmato gli esperti due anni fa.

Il tasso “overnight” non è mai stato cosi’ sotto controllo

Anche la brusca salita dei rendimenti dei tassi “overnigh” (i tassi ai quali le banche si prestano denaro giornalmente) era stato a fine 2019 un inquietante indicatore della recessione poi puntualmente verificatasi col covid.

In quelle settimane convulse, la Federal Reserve, constatando di non riuscire a riprendere il controllo di questo tasso, si sostitui’ alle banche come prestatore giornaliero di ultima istanza (un evento che ha pochi precedenti nella storia) e solo nella primavera del 2020 riusci’ a ristabilire la liquidità delle banche.

Oggi invece, come abbiamo già spiegato nel punto precedente, la combinazione di liquidità illimitata e tassi a lungo termine in rialzo dovrebbe far dimenticare alle banche qualsiasi problema di liquidità, per un tempo piuttosto lungo. Percio’ anche il tasso overnight dovrebbe diventare un incubo del passato.

È importante notare che questi 3 ingranaggi stanno già iniziando a funzionare ben prima che ulteriori stimoli raggiungano le tasche della maggior parte degli americani e che la Fed immetta ulteriore liquidità nei mercati.

Cio’ vuol dire che il nuovo pacchetto di stimoli, che potrebbe oscillare tra i 3 e i 4 trilioni di dollari, una volta adottato potrebbe fare l’effetto della benzina gettata su un incendio, portando l’attuale “bolla-di-qualsiasi-cosa” a livelli piu’ alti di quelli già fuori misura che avevamo previsto finora.

Ma c’è un ultimo ingranaggio che dobbiamo citare. Ed è forse il piu’ sorprendente di tutti…

Il collasso programmato del dollaro

I titoli di stato sono delle obbligazioni. Quindi il loro rendimento si riflette su quello delle altre obbligazioni private presenti sul mercato.

Ora, come accade con l’oro, le azioni, le materie prime, ecc., anche le obbligazioni hanno i loro corrispettivi nel mercato dei derivati.

I derivati obbligazionari valgono, nel loro complesso, 500 trilioni di dollari (per fare un paragone, il mercato dei CDS che provoco’ la crisi del 2008 ne valeva solo 50).

Se quindi l’aumento dei tassi nei titoli di stato a lungo termine dovesse provocare un effetto a catena anche nei tassi delle altre obbligazioni, il terremoto che ne deriverebbe verrebbe amplificato mille volte nei derivati corrispondenti, provocando una crisi peggiore di quella del 2008.

Per evitare il ripetersi di un evento simile, che sarebbe molto piu’ distruttivo, sia per i mercati che per le banche, la Fed non ha scelta: deve far collassare il dollaro.

Ma come si effettua un collasso programmato del dollaro?

Qualcuno ha mai fatto una cosa del genere prima d’ora?

Nella storia vi sono molti esempi di inflazione programmata di una valuta, ma l’esempio piu’ recente e piu’ simile per modalità e circostanze è senz’altro il crollo dello yen provocato dalla banca centrale giapponese.

Nel 2016 la Bank of Japan annuncio’ un QE illimitato per tenere sotto controllo i tassi dei titoli di stato a 10 anni, in particolare, ad ogni risalita di questi tassi sopra lo 0%.

Il risultato fu che in un paio di mesi lo yen scese di oltre il 15%: un valore fuori misura per una valuta, dato che nel forex i movimenti non superano di solito l’1% -2%.

Qualcosa di simile potrebbe anche accadere oggi al dollaro, una volta che la Fed si sarà fatta carico dei tassi a lungo termine in modo ufficiale.

In realtà già ora il mercato sta segnalando questa possibilità, avendo portato il dollaro a un supporto critico (linea nera), rotto il quale la discesa verso i 70 punti è molto probabile:

Inutile dire che una discesa del genere farebbe schizzare i prezzi dei preziosi, delle materie prime e di altri asset non inflazionabili come le criptovalute.

La bolla-di-qualsiasi-cosa non è dunque per niente finita e, anzi, il meglio deve ancora venire…