Ieri il rendimento dei titoli di stato USA a 10 anni è salito di 8 punti base e si è attestato all’1,04%, il più alto dai giorni di panico di metà marzo 2020 e il doppio dal minimo storico di 0,52% toccato il 4 agosto:

Il motivo di questa ripresa dei rendimenti in un ecosistema che dovrebbe essere a tassi tendenti a zero è che il mercato obbligazionario sta annusando la possibilità di un aumento dell’inflazione.

Le prospettive di inflazione dipendono dalla possibilità di ulteriori pacchetti di stimolo da parte del Tesoro USA per l’economia in difficoltà, che si aggiungeranno a quelli che il Congresso ha già approvato nel 2020.

Tali misure vengono finanziate, come sempre, dall’emissione di debito, esercitando quindi una maggiore pressione a rialzo sui rendimenti e dunque una pressione sull’inflazione.

Il presidente della Fed di Chicago Charles Evans, un membro votante quest’anno del FOMC, ha detto ieri in una riunione virtuale che “francamente se ottenessimo un’inflazione del 3% non sarebbe così male”.

Tuttavia un’inflazione del genere sarebbe una minaccia per coloro che in estate hanno acquistato titoli di stato USA a 10 anni con un rendimento dello 0,6% o anche per coloro che li hanno acquistati oggi con un rendimento dell’1,04%; per non parlare di coloro che hanno acquistato titoli del Tesoro a più lunga scadenza.

Tali rendimenti sarebbero sempre molto al di sotto di questa possibile inflazione futura. E cio’ distruggerebbe il potere d’acquisto del denaro investito in questi titoli.

L’unica soluzione sarebbe che la Fed riprendesse ad aumentare i tassi d’interesse. Ma cio’ è fuori questione, per le ragioni che abbiamo spiegato in questo articolo. Per cui il denaro investito in quei titoli ha il destino segnato, a meno che non venga spostato su altri asset capaci di maggiori rendimenti.

Ecco il motivo per cui oggi c’è la corsa ad accaparrarsi qualsiasi altro asset di investimento che non sia un titolo di stato USA, quindi: azioni, derivati, Etf, preziosi e bitcoin.

Ci sono, beninteso, differenze nei volumi e nell’entità negli acquisti di questi asset. Ad esempio l’oro si incrementa molto meno di bitcoin. Ma cio’ dipende solo da fattori non strutturali, come la manipolazione nei derivati o semplicemente la “moda”.

Si sa ad esempio che l’oro deve sempre subire il peso dei derivati denominati in oro che ne trascinano in basso le quotazioni (anche se con minore efficienza di prima), mentre bitcoin è molto meno manipolabile coi derivati e quindi sale con maggiore costanza.

Le quotazioni degli Etf legati alle materie prime, tanto per fare un altro esempio, potrebbero incrementarsi molto di piu’, come effettivamente sta avvenendo in quelli legati al frumento e al legname (qui di seguito, ad esempio, il grafico di Teucrium Wheat ETF):

L’inflazione legata ai prodotti alimentari è un ottimo indicatore di una possibile inflazione generalizzata.

Quindi il fatto che la FAO abbia registrato preoccupanti aumenti a breve termine di questo indicatore (come spiegato in questo articolo), collegherebbe direttamente le prospettive di inflazione al mercato dei beni alimentari.

Nonostante cio’, gli Etf legati a questi mercati scontano la fascinazione degli investitori su bitcoin, pompata da una parte dell’élite finanziaria per ragioni solo parzialmente individuabili (abbiamo fatto delle ipotesi nella nostra newsletter gratuita), quindi ricevono molti meno capitali di quanto potrebbero.

Nel lungo periodo pero’ dovremmo vedere un livellamento di queste differenze. Nel senso che prima o poi anche gli asset che sono cresciuti di meno avranno il loro momento di gloria.

Mi sembra inevitabile…

Un Congresso USA finalmente riunificato sotto l’ala democratica non avrà certo problemi a far passare l’ulteriore pacchetto di aiuti da 463 miliardi finora bloccato dalle attese sull’esito del voto in Georgia.

Se cio’ avvenisse, un totale di $1.3 trilioni ($908 + $463) inonderebbe l’economia nelle prossime settimane e si aggiungerebbe ai 162 miliardi della Fed già stampati nelle ultime due settimane.

Con queste premesse è lecito ipotizzare che i circa 6 trilioni totali spuntati dal nulla negli ultimi 12 mesi – pari al 31% del PIL americano – verranno raddoppiati o triplicati nel 2021…

Come dubitare che questo tsunami farà aumentare i prezzi di tutti gli asset possibili e immaginabili?