Le guerre sono eventi su cui è impossibile fare previsioni, a meno di non avere la sfera di cristallo.

Tuttavia, dal punto di vista del mercato energetico, si puo’ almeno contare sul fatto che abbiamo non piu’ di tre scenari possibili davanti a noi.

Anche se non sappiamo quale di questi tre scenari si realizzerà, il fatto che ve ne siano solo tre restringe di molto l’imprevedibilità del futuro che ci aspetta, almeno sul piano energetico.

Per ragionare su questi scenari, la premessa da fare è che già molto prima del conflitto Russia/Ucraina, il mercato petrolifero aveva creato le condizioni per un forte squilibrio tra domanda e offerta.

E la sola causa di cio’ è dovuta ai tanti, troppi anni di disinvestimenti in nuovi progetti petroliferi.

Dal momento che quasi tutte le compagnie petrolifere hanno tagliato gli investimenti, sia nell’esplorazione che nella produzione, le forniture di greggio non potranno aumentare, a prescindere da quanto in alto salirà il prezzo del petrolio.

Questo impressionante grafico di Rystad Energy, un’agenzia che monitora il mercato energetico globale, mostra in modo drammatico che gli investimenti globali nell’esplorazione e nella produzione di petrolio e gas hanno raggiunto il picco otto anni fa e da allora sono crollati di circa il 65%:

 

Anche se Rystad prevede che gli investimenti dell’industria petrolifera aumenteranno leggermente quest’ anno, tali sforzi saranno troppo tardivi per avere un impatto sulle forniture a breve termine. Con ogni probabilità, il quadro dell’offerta migliorerà solo dopo molti anni di investimenti crescenti.

Ma il mondo occidentale è pronto a invertire la rotta e abbandonare la narrativa pro-green destinando fondi alla tanto odiata energia fossile?

Potrebbe forse farlo in un’ottica emergenziale, finché ci sarà una guerra a giustificarlo. Ma è probabile che in tempo di pace le pretese dell’industria green inizieranno a pesare di nuovo sul piano politico.

Pertanto, visto che l’offerta di greggio è fuori gioco, l’unico fattore che potrebbe fermare la salita dei prezzi del greggio sarebbe un forte calo della domanda.

Se ad esempio l’aggressione della Russia si espandesse in termini geografici o temporali, causerebbe certamente un freno alle attività economiche e alla possibilità di spostamento di merci e persone nell’area europea, con effetti paragonabili a quelli provocati nel 2020 dai famosi “lockdown”.

E questo sarebbe il modo migliore di “adeguare” la domanda alla scarsità dell’offerta (cioè, in parole povere, di distruggere di nuovo i consumi europei).

Un altro aspetto da considerare per definire i nostri scenari è che i governi occidentali stanno conducendo una guerra economica contro la Russia, senza ancora prendere di mira i suoi asset maggiori, ossia il petrolio e il gas.

Nel 2021, la Russia era il secondo produttore di petrolio al mondo, con i combustibili fossili che costituivano circa il 60% delle sue esportazioni.

Chiaramente, se la devastazione economica russa fosse l’obiettivo dell’Occidente, avrebbe senso colpire petrolio e gas.

Ma farlo sarebbe come versare benzina sul fuoco di un’inflazione che sta già bruciando negli Stati Uniti e, in misura minore, in Europa.

Tenendo conto percio’ di tutte queste contraddittorie informazioni che ho fornito, i tre scenari possibili in cui potremmo ritrovarci nel prossimo futuro sono i seguenti:

Primo scenario: l’Occidente non sanziona il petrolio russo. La Russia percio’ continua a utilizzare i proventi delle vendite di petrolio per finanziare la sua aggressione.

In questo caso, due esiti diversi sono possibili:

1 Il danno economico delle sanzioni attuali riuscirà a convincere Putin ad accettare un cessate il fuoco. In tal caso, i prezzi del petrolio scenderanno, mentre il mondo tirerà un sospiro di sollievo.

2 L’occidente continuerà a soffiare sul fuoco, impedendo qualsiasi risoluzione pacifica del conflitto. A quel punto, Putin, calcolando che una ritirata prima del tempo porterebbe forti danni in termini geopolitici, potrebbe rassegnarsi a sacrificare parti dell’economia russa pur di non perdere il conflitto. In tal caso, i prezzi del petrolio rimarranno ai livelli elevati di oggi.

Secondo scenario: l’occidente decide di cambiare rotta e sopportare il dolore economico di sanzionare il petrolio russo, nel tentativo di mettere completamente in ginocchio lo sforzo bellico di Putin.

Se ciò accadesse, si avrebbe un enorme aumento dell’inflazione nel petrolio e nel gas. Dopo tutto, l’Europa importa circa il 40 per cento del suo gas dalla Russia.

Negli Stati Uniti, la maggior parte delle importazioni di greggio proviene dal Canada. Tuttavia, data la natura globale del mercato petrolifero, un picco dei prezzi in Europa si sentirebbe certamente anche in questa nazione, portando a rallentarne significativamente la crescita economica.

Un rallentamento economico eccessivo potrebbe spingere gli Stati Uniti verso una recessione. A tale proposito, ricordo che la Fed di Atlanta attualmente stima che nel primo trimestre, il PIL vedrà una crescita dello 0%, in calo dallo 0,6% del 25 febbraio.

L’effetto collaterale di questo scenario sarebbe un deciso rallentamento del ritmo con cui la Fed ha deciso di aumentare i tassi, se non addirittura una possibile ripresa del programma di acquisti di titoli da parte di questa banca centrale.

Terzo scenario: inaspettatamente, Putin smette di fornire petrolio all’occidente.

Anche se questa eventualità non sembra probabile, sta di fatto che, se le sanzioni provocassero un danno irreparabile all’economia russa (cosa piuttosto difficile, per fortuna), Putin, messo con le spalle al muro, avrebbe come unica opzione quella di puntare sul tallone d’Achille dell’occidente, cioè la sua dipendenza dal petrolio e dal gas russo.

In tal caso, la recessione non sarebbe limitata all’occidente, ma al mondo intero.

Sarebbe lo scenario peggiore, pari solo a quello di una guerra mondiale.

Ora, ripeto: non sappiamo quali di questi scenari si realizzerà. Tuttavia uno schema del genere ci permette di seguire con maggiore cognizione di causa gli eventi. Nel senso che non appena uno dei tre scenari diventerà realtà, saremo subito in grado di capire gli esiti successivi e potremo agire di conseguenza, nei limiti del possibile.

Volendo tirare le somme: tra le poche cose certe che possiamo dire finora vi sono senz’altro le seguenti:

1 i prezzi del greggio e del gas resteranno alti per alcuni anni (a causa della scarsità di offerta di cui abbiamo parlato all’inizio. Ricorda il terribile grafico piu’ sopra…).

2 L’incertezza su quali dei tre scenari penderà il corso degli eventi comporterà forti attacchi di volatilità, con sensibili discese temporanee del prezzo dei combustibili.

3 Negli esiti recessivi peggiori che abbiamo ipotizzato, l’esigenza di contenere i consumi delle persone (quindi di influire sui prezzi petroliferi dal lato della domanda), potrebbe portare i governi ad inventarsi forme sempre piu’ efficienti di controllo sui propri cittadini, se non a provocare addirittura nuove guerre regionali, possibilmente vicino alle zone dove vanno limitati i consumi, cioè nell’area europea.