Diciamo la verità. La mossa di far crollare il prezzo del greggio sotto i 30 dollari a barile, dopo che Riyad aveva quotato in borsa la megacompagnia di stato Saudi Aramco e necessitava di una quotazione di almeno 70-80 dollari a barile per poter far ripartire il suo bilancio, non è mai stata completamente compresa.

La motivazione ufficiale, cioè una reazione incontrollata, da parte del Principe ereditario Bin Salman, al rifiuto della Russia di accordarsi per un taglio della produzione di 1,5 milioni di barili al giorno, è sembrata a tutti plausibile, anche perché non è la prima volta che Riyad prova a giocarsi questa carta per forzare la mano ai propri competitors.

Resta il fatto pero’ che le compagnie petrolifere russe sono perfettamente in grado di resistere a una quotazione cosi’ bassa, mentre al contrario le compagnie di scisto americane verranno ben presto decimate da questo nuovo assetto dei prezzi (come ad esempio discusso qui dalla CNBC).

In base a questa semplice considerazione, si poteva anche pensare a un gioco delle parti russo-saudita per mettere in difficoltà quella che è ormai una delle prime industrie al mondo, cioè il settore petrolifero USA.

Ma anche questa ipotesi semplifica troppo e non tiene conto delle complesse reti diplomatiche che connettono i tre paesi inclusi in questo ragionamento.

Le cose invece appaiono piu’ chiare se si tiene conto di alcune notizie trapelate a fatica su un tentativo di colpo di stato avvenuto all’inizio di questo mese proprio contro il Principe.

Non a caso, il Principe bin Salman ha accusato i presunti organizzatori di questo colpo di stato di essere “collusi con potenze straniere, fra cui l’America”.

In una sola settimana infatti sono stati tirati missili contro il palazzo reale di Riyad, il Principe Mohamed bin Salman ha fatto arrestare lo zio, principe Ahmed, e il suo concorrente ed ex principe ereditario, Mohamed bin Nayef, così come molti altri principi e generali, mentre la provincia sciita di Qatif, dove già diverse città sono state rase al suolo, è stata isolata.

Allo stesso tempo, nell’eterna guerra in Yemen, gli huti del nord, sostenuti dall’Iran, hanno attaccato ad Aden le tribù appoggiate dall’Arabia Saudita, facendo perdere il controllo  del governo di Abd Rabbo Mansour Hadi, in esilio a Riyad, su questa importante città.

Contemporaneamente, il Pentagono ha inviato una nave da guerra al largo di Aden e ha installato truppe britanniche sull’isola di Socotra per farne, congiuntamente agli Emirati Arabi Uniti, una base militare permanente, armata di missili Patriot.

In pratica, gli Stati Uniti stanno cambiando le carte in tavola in Medio Oriente, passando lo scettro di “guardiano della regione” dall’Arabia Saudita agli Emirati.

Bisogna poi ricordare che una crisi delle quotazioni del greggio era già fra le contromisure previste dal consigliere di bin Salman, Turki Al-Dakhil nel corso della crisi diplomatica con gli USA avvenuta dopo l’omicidio di Jamal Khashoggi.

Facciamo un riepilogo di cosa successe in quei giorni.

Jamal Khashoggi, coinvolto nel colpo di stato che il vecchio principe al-Waleed stava preparando contro bin Salman, fu ucciso in Turchia in un’operazione accuratamente registrata dai servizi segreti turchi e statunitensi.

A Washington stampa e parlamentari chiesero al presidente Trump di adottare sanzioni contro Riad. E fu proprio allora che Turki Al-Dakhil annuncio’ che, qualora gli Stati Uniti avessero preso delle contomisure contro il Regno, l’Arabia Saudita sarebbe stata pronta a sconquassare l’ordine mondiale mediante una trentina di provvedimenti, fra cui:

–  Riduzione della produzione di petrolio a 7,5 milioni di barili al giorno, con conseguente rialzo dei prezzi a circa 200 dollari il barile. Il Regno esigerà inoltre di esser pagato in valuta diversa dal dollaro, causando così la fine dell’egemonia della moneta statunitense.

–  Allontanamento da Washington e avvicinamento a Teheran.

–  Acquisto di armi da Russia e Cina. Il Regno offrirà una base militare alla Russia a Tabuk, nella parte nord-occidentale del Paese, ossia in prossimità di Siria, Israele, Libano e Iraq.

–  Sostegno dall’oggi al domani ad Hamas e Hezbollah.

Consapevole dei disastri che un uomo feroce come bin Salman può provocare, la Casa Bianca chiamo’ l’occidente alla riscossa. I leader economici di tutti i Paesi si conformarono, annullando la partecipazione al Forum di Riad, mentre il presidente Trump e il consigliere Kushner ventilarono persino una confisca dei beni di bin Salman.

L’unico capo di stato che faceva ancora da deterrente a una escalation fra Casa Bianca e Regno Saudita era Netanyahu, con cui bin Salman aveva creato la coalizione per prendere possesso dello Yemen. Ma ora in Israele c’è un nuovo Capo di Stato…e guarda caso le cose stanno cambiando proprio in Yemen e nel Regno Saudita.

Insomma, una resa dei conti fra bin Salman e la Casa Bianca è un’ipotesi realistica che spiega perfettamente il livello di disperazione con cui Riyad ha reagito al tentativo di colpo di stato, annunciando questo taglio delle quotazioni senza precedenti, che porta danni in primo luogo alla stessa Arabia Saudita.

Sembra che Riyad abbia dovuto scegliere fra due mali: accettare il proprio smembramento senza reagire, oppure riprendere il programma di Turki Al-Dakhil sconquassando l’ordine mondiale.

Bisogna dire che per ora Riyad è riuscita a sconquassare tutto, ma di certo la contromossa della Casa Bianca non si farà attendere – e se non fosse per il coronavirus, forse ci sarebbe già stata.

Dal punto di vista delle previsioni sui prezzi del petrolio, uno scenario di quasi guerra tra Riyad e Casa Bianca rende plausibili le ipotesi piu’ estreme; compreso un improvviso aumento dei prezzi a seguito di un colpo di mano militare…

Di conseguenze, gli investitori amanti del rischio – quelli proprio col pelo sullo stomaco e in grado di attraversare le tempeste peggiori – potrebbero aprire posizioni long sul petrolio….

Il team di Strategie Economiche