Alla fine di agosto il petrolio (WTI, cioè quello americano) ha fatto un balzo del 29% in una settimana, andando da 38,09 a 49,20 dollari.

Si tratta dell’inizio di un rialzo oppure il cosiddetto “balzo del gatto morto”, cioè un rialzo effimero in un contesto ribassista?

Normalmente, un forte breve rialzo quando un trend ha raggiunto dei minimi storici può essere il segno di un’inversione a rialzo a lungo termine.

Vediamo però se in questo caso ci sono dati storici che ce lo possono confermare.

Negli ultimi decenni ci sono stati altri rialzi del petrolio superiori al 25% in una settimana.

La domanda è: questi rialzi in passato sono stati un buon segno oppure no?

I dati storici ci dicono che nel breve termine no, ma nel lungo si.

Vediamo il grafico qui sotto:

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Le frecce indicano rialzi simili a questo avvenuti in passato.

Pochi di questi rialzi non significavano nulla, ma altri, come quello del 2009 ha davvero segnalato una inversione del trend di lungo termine.

La tabella qui sotto mostra le statistiche complessive di tutti questi brevi rialzi correlati con l’andamento dei prezzi avvenuto successivamente, in diverse lunghezze di tempo:

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Il WTI è sceso in media dell’8% due settimane dopo alcuni questi rialzi estremi. Un mese dopo i prezzi erano di nuovo giù (-5,4%), mentre tre mesi dopo il trend invertì a rialzo. Dopo sei mesi il prezzo aumentò quasi del 10% e dopo un anno si incrementò in media del 24,4%.

Quindi i dati storici sui prezzi ci dicono che il WTI potrebbe ridiscendere nel breve termine, ma nel lungo periodo questi brevi rialzi possono davvero essere segnali di una inversione duratura.

Non sono certo pronto ad andare già long sul petrolio, ma certamente tirerei i remi in barca del nostro etf short (che ricordo, è un etf americano , quindi si basa principalmente sul prezzo del WTI). Al primo ribasso di breve del petrolio, approfitterei per vendere l’etf  in gain e attenderei i successivi sviluppi.

Ho parlato dell’etf short anche qui, qui e qui.