Fuori dall’occidente, alcuni paesi stanno già sperimentando i morsi dell’inflazione e iniziano a prendere contromisure:

Turchia: inflazione del 15,6% e aumento di 2 punti del tasso repo settimanale

Brasile: inflazione al 5,2% e aumento del tasso d’interesse generale dello 0,75%

Russia: inflazione del 5,7% e annuncio di un prossimo aumento del tasso d’interesse generale

Nigeria: inflazione al 17,3%, ma nessun aumento dei tassi (già all’11,5%) a causa della recessione economica in corso

India: inflazione al 5%, nessun aumento dei tassi da parte della banca centrale, ma con un aumento spontaneo di quasi un punto del tasso dei titoli di stato a 5 anni

Negli Stati Uniti, la decisione di Powell di non intervenire per abbassare l’aumento spontaneo dei tassi dei titoli di stato a lungo termine, assieme al rifiuto di emettere titoli di stato per compensare la loro scarsità che affligge il mercato repo (ne abbiamo parlato qui) in fondo è in linea con le misure degli altri paesi che abbiamo elencato sopra.

Per mantenere la narrativa dell’inflazione come segno positivo di prosperità economica, Powell non vuole intervenire apertamente.

Ma lasciare che i tassi a lungo termine aumentino spontaneamente vuol dire preparare il terreno all’aumento dei tassi a breve termine da parte della Fed, quando sarà necessario.

Cosi’ come il rifiuto di emettere nuovi titoli di stato per il mercato repo puo’ essere un anticipo di una futura riduzione (tapering) del QE, se la situazione dovesse richiederlo.

Aumento dei tassi a breve termine e “tapering” del QE: proprio quelle due misure che la Fed, per non turbare i mercati, dice di non voler implementare fino al 2023…

Due misure che pero’, in modo implicito, la Fed forse si sta già preparando a adottare in vista del momento in cui l’inflazione ufficiale supererà il 2% o il 3%.

Insomma, in America l’inflazione è il convitato di pietra che aspetta di essere invitato ufficialmente al banchetto, ma a cui è già riservato il posto d’onore nell’economia del prossimo futuro.

E in Europa?

Come abbiamo spiegato in questo articolo, l’Unione Europea ha un sistema tutto suo per trasformare gli incrementi di beni e servizi in incrementi fiscali, in modo da stralciarli dal calcolo dell’inflazione.

In questo modo i cittadini hanno comunque una perdita di potere d’acquisto, senza pero’ che questa si manifesti come un deprezzamento dell’euro e quindi un’inflazione.

Questa truffa di vasta portata diventa rischiosa di fronte alle crisi economiche, come quella dovuta al covid.

Un azzeramento rapido e quasi totale delle entrate fiscali e una caduta troppo veloce del PIL rischiano di rompere il giocattolo.

Per questo l’Unione Europea è stata costretta a varare un programma di aiuti (il Recovery Fund) che, come spiegato nell’articolo già citato, faccia da amplificatore ai meccanismi che mascherano l’inflazione, sovrastando le distorsioni dovute alla crisi.

Ma questa mossa ha un effetto collaterale: lo sforzo di generare questa liquidità in eccesso rischia di provocare un’inflazione a scoppio ritardato sull’euro.

Questo rischio ha reso necessario, come antidoto preventivo, una ulteriore stretta alla libertà di impresa e persino ad alcune libertà individuali.

Con quale scopo?

L’obiettivo è quello di tenere sotto controllo la ripresa dei consumi.

“Liberalizzare” i consumi in modo graduale, con la possibilità di limitarli e di estenderli a piacimento, secondo le necessità del momento, permette di contenere eventuali balzi in avanti dell’inflazione non previsti e improvvisi.

Un secondo “antidoto” è invece la riduzione del numero di imprese piccole e medie e una concentrazione di beni e servizi nelle mani di pochi soggetti pubblico-privati che fanno capo a multinazionali e altre entità globali private che obbediscono agli ordini degli stati.

Questo antidoto permette di rendere piu’ semplice il meccanismo con cui l’UE maschera l’inflazione (leggendo il nostro articolo si comprende meglio questa affermazione).

Riassumendo: l’Occidente inizia ad annusare l’inflazione (che in realtà è già tra noi), ma il modo con cui la sta affrontando è variabile.

In America, l’illimitata creazione di liquidità permette ai cittadini (per ora) di compensare la perdita di potere d’acquisto con gli investimenti di borsa, l’aumento degli immobili e un indebitamento poco rischioso (ufficialmente).

In Europa, la minore capacità di stampare euro rende invece necessario l’instaurarsi di un sistema che ricorda l’Unione Sovietica degli ultimi anni, dove l’unica misura rimasta per prevenire un crollo era congelare tutto a tempo indeterminato, fino a che una soluzione sarebbe piovuta dal cielo.