Come rappresaglia al mancato accordo con la Russia per tagliare la produzione petrolifera di 1,5 milioni di barili al giorno, l’Arabia Saudita ha appena iniziato una vera e propria guerra autodistruttiva all’industria del greggio, nel tentativo di spaventare gli altri protagonisti del settore e condurli a piu’ miti consigli.

Invece di tagliare la produzione, il Regno ha deciso di inondare di greggio il mercato provocando una deflazione traumatica ai prezzi, tagliandoli di 4-6 dollari per il mercato asiatico, di 7 dollari per il mercato USA e di 8 dollari per il mercato europeo.

In questo modo, nelle intenzioni del Regno, il petrolio saudita diventerebbe estremamente concorrenziale rispetto a qualsiasi offerta di altri paesi produttori e toglierebbe a tali paesi enormi quote di mercato in tutto il mondo.

Va detto che le altre volte in cui l’Arabia Saudita ha tentato una mossa simile non ha mai ottenuto il risultato sperato, come ad esempio nel 2014-2015, quando Riyadh fu umiliata dall’entrata in gioco dello shale americano che ridimensiono’ per sempre la sua importanza nel mercato globale.

A questo punto, col greggio che ora viaggia già sui 30 dollari, fino a quanto potrebbero scendere le quotazioni?

Secondo Bloomberg, con la ridotta domanda attuale provocata dal Covid-19, la mossa saudita provocherà uno squilibrio nel mercato capace di portare il greggio a 20 dollari. Ma non è escluso che questa materia prima possa arrivare al minimo storico assoluto di 9 dollari raggiunto nel lontano dicembre 1998.

Con la contemporanea implosione dei rendimenti dei titoli di stato americani avvenuta la scorsa settimana, il crollo del greggio potrebbe causare la piu’ grande crisi deflazionaria degli ultimi anni, con una progressiva perdita di valore di tutti gli asset, oro compreso.

Il mondo si troverebbe, per la prima volta dopo un secolo, privo di punti di riferimento economici.