Il voltafaccia di ieri (da noi ampiamente previsto) della Federal Reserve (Fed) sul suo programma di rialzo dei tassi d’interesse non è un semplice fatto di cronaca, ma ha ripercussioni profonde sui nostri investimenti.

Appena il 14 giugno scorso la Fed aveva alzato i tassi d’interesse a breve termine di un quarto di punto dopo averli già alzati a marzo.

Pochi perciò si aspettavano l’annuncio di ieri con cui la Yellen, Presidente della Fed, ha dichiarato che non attuerà il prossimo terzo rialzo previsto a settembre.

In realtà, questo annuncio fa parte di uno schema consolidato che la Fed usa ormai dal 2013 e che noi seguiamo fedelmente per prevedere le sue mosse.

All’università ci hanno insegnato che la Fed (o qualsiasi altra banca centrale) alza i tassi quando l’economia va bene e li riduce quando va male.

Infatti in un’economia tradizionale, i cicli dei tassi d’interesse dovrebbero seguire strettamente i cicli economici.

Purtroppo però la Fed del XXI secolo non segue affatto questa regola, ma si limita a mantenere in bilico una situazione precaria il più a lungo possibile.

E lo fa con uno schema ben preciso di “annunci pubblicitari” e di “azioni dimostrative” che si susseguono dando l’illusione dell’avvicendarsi di cambiamenti nella politica monetaria, mentre in realtà tutto resta come prima.

Ogni volta che la Fed fa un annuncio che modifica le aspettative in materia di politica economica, provoca un allentamento o un rafforzamento di alcuni parametri, a seconda della direzione del cambiamento delle aspettative.

Questi parametri influiscono sul valore del dollaro, sui prezzi dei titoli di borsa e, in modo più limitato, su altre variabili, come i tassi d’interesse a medio e lungo termine, mettendo così “una pezza” alla situazione economica generale.

Se facciamo l’elenco di questi annunci “pubblicitari” (almeno di quelli più importanti), il meccanismo risulta evidente.

La prima volta che la Fed ha ventilato la possibilità di un aumento dei tassi d’interesse è stato per bocca del suo ex presidente, Ben Bernanke, nel suo famigerato “taper talk” di maggio 2013.

A dicembre 2013 la Fed però non ha soddisfatto le aspettative al rialzo creato da quel discorso, ma anzi ha ulteriormente abbassato i tassi a causa della crisi dei paesi emergenti, emersa proprio in quel periodo.

Abbiamo così i primi due “alti e bassi” del tutto virtuali e dimostrativi della Fed, privi della minima sostanza politica, ma che hanno modificato in modo temporaneo e superficiale i parametri di cui dicevo prima, senza influire sulle leggi economiche più profonde.

Nei 4 anni successivi, la Fed non ha fatto altro che seguire lo stesso copione.

  • Marzo 2015: La Fed crea un’aspettativa di rialzo rimuovendo la parola “patient” dalle linee guida sulla riduzione dei tassi
  • Settembre 2015: la Fed crea un’aspettativa di ribasso ritardando l’aumento dei tassi pianificato in risposta a una correzione del mercato azionario
  • Dicembre 2015: La Fed crea un’aspettativa di rialzo aumentando in modo irrisorio i tassi per la prima volta in nove anni
  • Marzo 2016: la Fed crea un’aspettativa di ribasso ritardando l’aumento pianificato dopo un’altra correzione del mercato azionario
  • Dicembre 2016: La Fed crea un’aspettativa di rialzo aumentando i tassi (sempre in modo irrisorio) per la seconda volta in nove anni
  • Luglio 2017: La Fed crea un’aspettativa di ribasso annunciando di non aumentare i tassi a settembre.

Il susseguirsi di questi rialzi e ribassi, virtuali o reali, ma sempre minimi e di scarso impatto generale, non ha fatto altro che variare i parametri di cui sopra, mantenendo in bilico una situazione che tende ogni volta a sbilanciarsi, non essendo possibile modificarla dalle fondamenta.

Lo scopo generale e mai dichiarato di questa pantomima è di mantenere i tassi ancora bassi in un’economia che ha ormai perso le capacità di riprendersi da sola.

Infatti, visto che i tassi d’interesse tendevano ormai allo zero, non si poteva continuare a ridurli, tendendo al sotto-zero, ogni volta che si presentavano nuovi segnali di debolezza.

Ciò avrebbe scatenato una severa recessione screditando l’affidabilità del dollaro come valuta di scambio mondiale.

L’unica alternativa era ed è creare un aumento “virtuale” dei tassi (a base di annunci clamorosi seguiti da piccoli insignificanti rialzi reali) che creino l’aspettativa di ulteriori rialzi e l’illusione di un’economia in via di guarigione o almeno sotto controllo.

Nello specifico, la Fed conta (o contava?) di alzare i tassi almeno del 3,25% (a forza di annunci e di rialzi di piccole dimensioni), creandosi così lo spazio per ridurli successivamente, in previsione di nuove, inevitabili crisi economiche o dei mercati.

Alzare di poco i tassi per poterli ridurre in seguito…lasciando praticamente le cose immutate nel tentativo di congelare possibili recessioni o inflazioni. Ecco il vero obiettivo della Fed!

I mercati finanziari non hanno ben chiara questa prospettiva, ma almeno, dopo cinque anni di questi alti e bassi, hanno imparato che quando i tassi scendono si instaura un periodo inflattivo che fa aumentare i prezzi dei titoli di borsa.

Ecco quindi che reagiscono in modo automatico, creando una reazione a catena in cui i rialzi di borsa avvengono più che altro sull’aspettativa stessa di tali rialzi…

Un circolo vizioso che vediamo anche ora che i tassi in realtà non sono affatto scesi e la Fed si è solo limitata a interrompere il (lieve) aumento previsto a settembre….

Come dicevo, non serve più che i rialzi e i ribassi siano reali, bastano gli annunci e le finte della Fed per provocare queste reazioni…

Questa assurda situazione ti dimostra ancora una volta ciò che diciamo spesso, e cioè che la (pessima) salute dell’economia reale non conta per i mercati di borsa e non deve contare neanche per te, se vuoi decidere su cosa investire.

Tengo ad affermare in modo crudo e senza mezzi termini questa verità, perché molte persone ancora si sforzano di ignorarla.

Il ciclo della domanda e dell’offerta, il ciclo delle obbligazioni e dei loro rendimenti, il ciclo delle materie prime, il ciclo dell’oro o delle valute non sono più quelli di una volta. Non sono più regolati dalle leggi economiche che valevano fino a 30 anni fa.

Per decidere in quali di questi cicli devi investire, non devi più guardare al loro “stato di salute” o ai loro fondamentali economici.

Quando ad esempio a giugno ti abbiamo detto che il mercato azionario USA avrebbe avuto un rialzo incredibile (lo abbiamo detto qui) non intendevamo dire che l’economia americana sarebbe improvvisamente migliorata.

Avevamo solo previsto che alcuni parametri della bolla azionaria USA si sarebbero gonfiati maggiormente se la Fed avrebbe fatto una delle sue solite finte. Cosa che è puntualmente accaduta.

Molti, soprattutto su Facebook, ci hanno presi in giro per quell’articolo (è un mercato in bolla, l’economia americana è distrutta, ma cosa dite?).

Intanto però i nostri abbonati a Strategie Weekly, sulla base delle nostre indicazioni, hanno potuto creare un portafoglio azionario di titoli che nelle ultime settimane hanno avuto rialzi a due cifre percentuali e continuano ad aumentare a ritmo del 5%-10% al giorno!

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Tutto questo solo per aver previsto la direzione che avrebbe preso il flusso dei grandi fondi e degli investitori, non certo per aver analizzato dei fattori economici profondi.

Noi ci siamo limitati ad anticipare (è la parola magica) il flusso di denaro che sarebbe confluito in questo mercato, poche settimane prima che ciò accadesse. Tutto qui.

Ora, ti chiederai: il bluff della Fed è destinato a sgonfiarsi, prima o poi?

Certamente.

E la borsa USA, sempre più in bolla, non è forse sempre più vicina a un probabile crash rovinoso?

Ovviamente.

Lo abbiamo spiegato bene nell’articolo già citato.

Le bolle sono prevedibili; e anche quella del mercato USA lo è. Dunque, seguendo l’andamento di certi indicatori, abbiamo la possibilità di uscirne in tempo, dopo aver ottenuto i rendimenti attesi (come stanno facendo proprio ora i nostri abbonati a Strategie Weekly).

E quando scoppierà la bolla cosa faremo? Dove sposteremo i capitali da investire?

Non preoccuparti: ancora una volta anticiperemo il flusso dei grandi investitori, grazie alle nostre analisi cicliche di cui ti parleremo presto.

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Alla tua prosperità!

Il team di Strategie Weekly