In questo blog abbiamo parlato spesso delle manipolazioni del mercato dell’oro perpetrato dalle banche.

Gran parte delle inchieste del Dipartimento di Giustizia americano su questo reato sono iniziate nella prima metà degli anni 2000 e, dopo diversi anni, si sono concluse sempre con delle condanne.

Nel 2019 ad esempio, il capo del commercio di metalli preziosi della JPMorgan Chase fu dichiarato colpevole di tentata manipolazione dei prezzi, frode sulle materie prime, frode telematica e falsificazione dei prezzi dei futures su oro, argento, platino e palladio.

E nel 2020 la stessa JPMorgan Chase si dichiarò colpevole di questi reati, anche se il suo presidente, Jamie Dimon, a differenza del suo dipendente, evitò il processo e la galera dopo aver pagato una multa stratosferica in un procedimento stragiudiziale.

Mi sono soffermato su queste condanne, perché, come si legge qui, nel 2022 proprio alla JPMorgan Chase è stata affidata la custodia del collaterale in lingotti del più grande ETF sull’oro esistente sul mercato, cioè lo SPDR Trust (GLD).

Nel sentire questa notizia, vi chiederete: perché mai un compito cosi’ delicato che richiede la massima onestà e trasparenza è stato affidato praticamente a un cartello mafioso bancario?

Per capire cosa c’è dietro, bisogna un attimo spiegare il mandato che è stato assegnato a questa banca.

Ho detto che i lingotti a collaterale dell’ETF sono stati affidati in custodia alla banca.

Ma per essere preciso, avrei dovuto dire che la JP Morgan è stata nominata Depository Trust and Clearing Corporation di questo ETF.

Cos’è una Depository Trust and Clearing Corporation?

E’ una istituzione creata di recente per allontanare dalle banche i rischi del collaterale dei titoli che hanno in bilancio.

Questa esigenza è nata, ovviamente, da quando in America i tassi d’interesse troppo alti hanno iniziato a ridurre vertiginosamente il valore dei titoli di stato detenuti dalle banche.

Molti di questi titoli sono infatti il collaterale di una marea di contratti “swap” che le banche si scambiano giornalmente per regolare le loro transazioni e che compongono una fetta rilevante della loro liquidità.

Se il collaterale dietro questi swap fosse limitato solo a quello che una banca X ha al momento in cui crea o scambia uno di questi swap, e se questo collaterale inizia a crollare come una valanga, non passa molto tempo prima che la banca Y che deve ricevere lo swap inizi a dubitare della solvibilità dello swap e della stessa banca X che lo sta emettendo.

L’unico modo per evitare un effetto a catena di default provocato dai reciproci sospetti di solvibilità fra banche, che di fatto bloccherebbe i loro scambi giornalieri e quindi tutto il funzionamento delle banche stesse, si è pensato bene di ampliare il concetto di collaterale.

Oggi quindi, secondo le nuove norme, uno swap può essere garantito non solo dal collaterale che possiede la banca, cioè dai titoli di stato che ha in bilancio, ma anche da qualsiasi altro collaterale fuori dalla banca che si trovi sul mercato.

Quindi, per fare un esempio da scuola elementare, la banca X può emettere swap per un controvalore di 1000 dollari, anche se possiede titoli di stato per soli 500 dollari.

Perché?

Perché il collaterale dello swap non è piu’ gestito dalla banca X, ma da una Depository Trust and Clearing Corporation (chiamiamola per brevità DTCC).

E questa DTCC puo’ fornire alla banca X tutto il colaterale che vuole, perché non ha a sua disposizione solo i titoli di stato della banca X, ma anche quelli delle altre banche per cui svolge lo stesso servizio di “custodia”.

Ma non finisce qui, perché di queste banche, il DTCC non ha solo a disposizione i titoli di stato presenti nel bilancio delle banche stesse, ma anche (e qui sicuramente salterete sulla sedia)…i titoli di stato depositati dai clienti di quelle banche…!!!

Proprio cosi’: in base alle nuove norme, tutti i titoli di stato, e non solo, che i clienti ingenuamente ancora depositano in una banca in realtà entrano a far parte di un “bacino” di titoli messi a disposizione dei DTCC e che formano il collaterale di qualsiasi contratto o derivato emesso da una banca che appartiene a tale sistema.

Ribadisco il concetto, tanto per essere chiari: oggi, non solo i titoli di stato, ma molte altre tipologie di titoli, azioni e altro che compongono il collaterale di qualche derivato, non sono piu’ pienamente proprietà dei clienti ignari che li depositano in banca, ma possono essere sottratti a piacimento da un DTCC per coprire delle emissioni di derivati.

E se pensate che questa sia la tipica “americanata”, sappiate che questi istituti sono stati legalizzati anche in Europa, col nome di Clearstream ed Euroclear

Ora, tornando all’argomento di questo articolo, chiediamoci ancora: perché la JP Morgan è diventata la DTCC dell’ETF GLD?

Evidentemente, perché il collaterale in lingotti d’oro di GLD non è sufficiente e ha bisogno di un “aiutino”. E chi meglio della JP Morgan, esperta in imbrogli nei metalli preziosi, è in grado di metterci una pezza?

Ma, in questo caso, quale sarebbe il “bacino” di lingotti al quale la JP Morgan dovrebbe attingere per ampliare il magro bilancio in oro fisico dell’ETF?

Anzitutto, possiamo aggiungerci il collaterale di altri ETF di cui la JP Morgan potrebbe essere “custode”. Ma questo non basta, perché sappiamo bene che in realtà tutti gli ETF hanno lo stesso problema e quindi di collaterale ne hanno ben poco. Dunque, che altro?…

Secondo alcuni, per risolvere il mistero, forse dobbiamo chiederci perché la JP Morgan sta pensando di trasferire i lingotti di GLD nei suoi depositi a New York.

Ricordiamo che l’ETF GLD aveva già un “custode” del suo oro fisico, cioè la banca HSBC, a cui da poco è stata affiancata la JP Morgan.

Quindi non è che a GLD mancasse il caveau di una banca affidabile, fra le maggiori al mondo, dove depositare i lingotti…

Dev’esserci un altro motivo per cui la JP Morgan ha deciso questa strana mossa.

A Wall Street è un segreto di Pulcinella il fatto che il caveau di JP Morgan sia collegato sottoterra a quello della FED, essendo quest’ultima sul lato nord di Liberty Street e laJP Morgan dall’altra parte della strada.

E indovina cosa c’è nel caveau della FED di New York? C’è l’oro depositato dalle banche centrali straniere… E quando ricordiamo le difficoltà incontrate dalla Germania nel convincere la FED di New York a restituire 300 misere tonnellate in lingotti, iniziamo ad avere qualche sospetto…

Frank Veneroso concluse già nel 2002 che tra le 10.000 e le 14.000 tonnellate di oro delle banche centrali venivano abitualmente affittate o prestate dalla Fed.

Questo commercio molto lucrativo viene portato avanti alla luce del sole dalla Banca d’Inghilterra, che organizza questi contratti per le sue banche centrali clienti.

Possiamo perciò supporre che la FED di New York organizzi in modo simile tali attività generatrici di reddito, usando l’oro accantonato in sua custodia.

Non è escluso quindi che l’affiancamento di JP Morgan a HSBC faccia parte di un programma stabilito con la Fed per stabilire un collegamento diretto e, manco a dirlo, “sotterraneo”, tra le riserve in oro americane, in modo che tutto lo scarso oro disponibile tra banca centrale, banche commerciali e fondi di investimento, venga riciclato all’infinito per far apparire le riserve piu’ ampie di quanto siano in realtà.

Una nota sinistra a questa ipotesi, già di per sé poco rassicurante, è un’altra voce che gira a Wall Street, secondo cui la FED di New York possa aver venduto, anziché prestato, parte dell’oro in sua custodia; il che spiegherebbe perché si è rifiutata di consentire ai rappresentanti della Bundesbank d’ispezionare l’oro depositato e inizialmente si è dimostrata estremamente riluttante a restituire solo 300 delle 1.536 tonnellate di oro tedesco presumibilmente conservate a New York.

Non dimentichiamo che è stata l’esperienza della Bundesbank a spingere la banca centrale olandese a rimpatriare a sua volta 122 tonnellate del suo oro da New York…

Ma queste sono tutte voci che non possono essere confermate, soprattutto perché dagli anni ’70 nessun ente, nessuna autorità, nessun ufficio legale ha mai avuto il permesso di visionare le riserve in oro che sarebbero detenute dalla banca centrale.

Al di là di questi argomenti di carattere generale, la conclusione pratica piu’ immediata che possiamo trarre da questo nuovo modo di trattare l’oro fisico a collaterale degli ETF è sicuramente quella di non usare piu’ gli ETF per investire sull’oro.

Al massimo possiamo usare titoli minerari o di royalties, ma è meglio stare alla larga dagli ETF.

Chi ha acquistato quote di ETF legati all’oro deve sapere che tali quote non danno la proprietà del collaterale che vi sta dietro, perché questo può essere “saccheggiato” a piacimento dalla JPMorgan Chase.

Le singole quote di questi ETF sono diventate dei contenitori vuoti. E se la cosa trapelasse, sarebbe la fine per questi ETF.