Nella mia più che ventennale esprienza di trader ho potuto notare un fenomeno poco visibile a chi non è del settore, vale a dire il fatto che i trader che abbandonano dopo i primi sei mesi sono molti più dei trader attivi.

Il motivo per cui questo fenomeno è poco visibile è ovviamente che i trader rinunciatari “cadono nel dimenticatoio” e spesso per il resto della loro vita non parlano a nessuno di quella loro fallimentare esperienza.

Per questo, a molti sfugge che quasi il 60% dei nuovi trader seguono questo destino, senza che nessuno abbia mai potuto dare loro i giusti suggerimenti per capire la cause del loro fallimento.

Questo articolo è un primo tentativo di colmare la scarsità di informazioni che inevitabilmente condanna centinaia di persone ogni anno ad abbandonare il trading.

L’articolo inizierà proprio dalla causa principale di questi fallimenti: un aspetto che molti ritengono secondario, ma che in realtà scatena una serie di altri eventi negativi che culminano con l’avere delle perdite quasi inevitabili, anche se per assurdo si riuscissero a fare sempre dei trade vincenti.

I trader infatti si concentrano spesso sulle strategie e le analisi tecniche per avere il maggior profitto possibile dalle loro operazioni, ma inspiegabilmente trascurano un fattore fondamentale che condiziona in positivo o negativo qualsiasi strategia.

Di cosa si tratta?

Non lasciare che il broker determini il tuo destino di trader

Ogni sistema di trading, anche il migliore in assoluto (ammesso che esista), per funzionare davvero deve essere praticato sulla piattaforma adatta.

Questo implica che quando decidi di seguire un certo sistema di trading devi poi andare alla ricerca della piattaforma adatta a quel sistema. E solo dopo averla trovata puoi permetterti di fare trading.

Invece troppo spesso accade il contrario: la scelta di adottare questo o quel sistema di trading, di usare i futures o le azioni, di operare dieci volte al mese o cento volte alla settimana viene presa sulla base delle caratteristiche (e dei limiti) del broker che si è abituati a usare.

In altre parole, molti trader lasciano che sia il loro broker a decidere quale strumento o strategia usare, quando invece dovrebbero essere loro a decidere il broker da usare in base alla strategia e allo strumento che vogliono adottare.

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Un esempio pratico ti mostrerà facilmente quanto sia vera questa affermazione e quanto sia limitante non fare una scelta accurata del broker e della piattaforma da usare.

Come avere un bilancio in perdita pur avendo molti trade in guadagno: un esempio pratico…

Mettiamo che Mario si ritrovi, per una fortuita circostanza (un rimborso fiscale, la vincita di una causa civile o qualcosa del genere) con un piccolo capitale di 4000 euro.

Mario è consapevole del fatto che si tratta di una cifra troppo bassa per essere investita in un fondo pensione o un piano di accumulo; inoltre, non avendo esperienza di trading, non è in grado di usare strumenti come futures o opzioni.

Tuttavia, dal momento che questa somma si trova su un suo conto Fineco, Mario decide di provare a incrementarla usando la sezione “Trading” di questa piattaforma per fare dei trade azionari.

Ora, diamo un taglio molto “ottimistico” a questo esempio e “facciamo finta” che Mario:

  1. pur non avendo molta esperienza di trading, abbia nel primo anno dei rendimenti discreti, invece che forti perdite,
  2. si trovi ad operare in un anno fortunato senza crolli di borsa eccessivi,
  3. sia in grado di recuperare le perdite con una saggia riallocazione del portafoglio,
  4. abbia il tempo per dedicarsi a un numero sufficiente di trade per ottenere tutto questo.

Lo scopo di questo esempio infatti è di dimostrare che, anche se l’inesperto Mario avesse dei buoni risultati dal trading, la sua scelta di operare su una piattaforma inadeguata come Fineco solo perché è il suo abituale conto online, renderà vani i suoi sforzi.

Mettiamo che Mario, in 12 mesi di operazioni,  abbia aperto in totale 20 posizioni (non tutte allo stesso momento, ma aprendone e chiudendone alcune in tempi diversi) e ne abbia chiuse in totale 10, di cui 3 in perdita e 7 in guadagno.

Mettiamo anche che in ogni posizione Mario abbia investito 500 euro (avendo chiuso e aperto posizioni in tempi diversi, è riuscito a suddividere i 4000 euro in questo modo).

La prima cosa da tenere presente è che, dal momento che in Fineco si pagano 9,95 euro di commissioni per ogni operazione azionaria, Mario in realtà ha già “perso” il 1,99% in ogni operazione, anche quelle in guadagno.

Vediamo allora come influisce questo aspetto sul rendimento totale ottenuto durante l’anno.

Mettiamo che le operazioni in perdita siano:

Titolo A = -10%

Titolo H = -5%

Titolo G = – 8%

E le operazioni in guadagno siano:

Titolo B = + 4%

Titolo C = + 6%

Titolo F = + 3%

Titolo L = + 10%

Titolo P = + 15%

Titolo V = + 9%

Titolo K = + 2%

Visto che è stata investita sempre la stessa cifra in ogni trade, possiamo fare la somma algebrica di questi rendimenti positivi e negativi (somma pari al 7%) e dividerli per 10 in modo da avere la media pesata del rendimento totale, pari allo 0,7 %.

Si tratta di un risultato molto comune con i trade azionari e può essere considerato soddisfacente, soprattutto considerando che Mario è del tutto inesperto.

Se Mario avesse fatto le stesse operazioni su un broker adatto agli investimenti azionari, come ad esempio Interactive Brokers, che ha commissioni dello 0,005% per ogni operazione, il rendimento dello 0,7% sarebbe rimasto quasi invariato, mentre al contrario, su Fineco bisogna sottrarlo a 1,99% di commissione.

Questo ci fa concludere che Mario, pur avendo avuto molti più trade in guadagno che in perdita, usando la piattaforma sbagliata ha ottenuto come “rendimento” annuale una perdita di -1,29%.

Non sappiamo poi come andranno le altre 10 posizioni che Mario ha lasciato aperte (avevamo detto che ne aveva aperte 20 in totale). Queste potrebbero comportare delle perdite o al massimo ci potrebbe essere una performance simile ai trade precedenti. In tutte e due i casi (estremamente probabili, dato il livello di competenza di Mario), si profila per Mario una “carriera” di trader perdente, a meno che non cambi broker.

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Come interrompere un destino segnato di trader perdente

Cosa possiamo imparare da questo esempio?

Che la piattaforma Fineco, la più usata in Italia e che funziona benissimo come conto corrente online, non è adatta per il trading azionario.

Potresti obiettare che usando una strategia migliore e ottenendo rendimenti maggiori, i costi di Fineco potrebbero essere ammortizzati.

Per esperienza tuttavia posso dirti che i trade azionari raramente consentono di ottenere in modo regolare una media pesata di rendimenti superiori al 3% annuo.

Inoltre, c’è una questione di principio alla base: una piattaforma non dovrebbe essere talmente costosa da costringerti a rincorrere risultati sempre al top, assumendoti di conseguenza rischi maggiori.

Cercare di accontentare la fame di commissioni della tua piattaforma sforzandoti di avere rendimenti superiori a quelli che sei in grado di ottenere è puro suicidio.

Ecco il motivo per cui le piattaforme fatte apposta per il trading, come Interactive Brokers, non hanno nemmeno lontanamente le commissioni proposte da piattaforme come Fineco, BinckBank, Saxo Bank ecc., che al contrario non sono state progettate per questo scopo e quindi non hanno problemi a lucrare sulle operazioni di borsa dei clienti.

E se Mario riuscisse a progredire nelle sue conoscenze di trader e a un certo punto iniziasse ad operare con le opzioni, oltre che con le azioni?

Certo, con una esperienza di trading almeno decennale le opzioni potrebbero assicurare una media annuale pesata del 20-30% (molto superiore al 3% azionario), che renderebbe trascurabile la spesa delle commissioni.

Ma c’è un piccolo particolare…

Su Fineco praticamente non sono disponibili opzioni, se non uno sparuto gruppo basato su titoli italiani, del tutto insufficiente per intraprendere una strategia seria con questo strumento.

E se Mario volesse passare a un’altra piattaforma, come BinckBank, che dopotutto è forse tra le poche in Italia ad offrire la quasi totalità dell’offerta in opzioni del mercato americano (l’unico mercato su cui vale la pena usare questo strumento), anche in questo caso ci sarebbe un ostacolo imprevisto….

Infatti, da alcuni anni a questa parte, Binck ormai fa accedere al mercato delle opzioni solo quei clienti che hanno un reddito elevato, dei risparmi da nababbo e con una esperienza di trader di lungo corso. Praticamente, anche se non viene ammesso esplicitamente, Binck si è trasformata in una piattaforma per promotori finanziari e trader professionisti che lavorano per istituti finanziari. Non è più un broker “retail” fatto per l’utente medio.

Uno come Mario, che il trading lo fa a tempo perso, lavora come impiegato e ha pochi risparmi messi da parte, deve quindi accontentarsi di sognare il giorno in cui finalmente le sue azioni della Coca Cola e della Fiat gli facciano fare qualche bel colpo che accontenti la fame di soldi della sua piattaforma inadeguata. Un “colpo” che in realtà, con quella tipologia di titoli, non arriverà mai…

…Però arriverà certamente il giorno in cui Mario si accorgerà che i suoi 4000 euro stanno diventando molti di meno, nonostante sia stato sempre attento a non far correre troppo i trade in perdita e gli sembra di aver avuto un bilancio quasi sempre positivo ogni anno.

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A quel punto finalmente Mario deciderà che è il caso di cambiare broker, ma per quanto ne cercherà un altro, non lo troverà…perché i broker online con una sufficiente disponibilità di azioni e opzioni registrati in Italia sono tutti qua. Non ce ne sono altri!

La scelta del broker giusto è la soluzione, purché estendi la ricerca al di fuori della tua “comfort zone”…

L’alternativa sarebbe perciò quella di usare un broker estero, come Interactive Brokers, Lynx o altri, ma questa sembra a Mario una soluzione troppo difficile per lui che a stento legge l’inglese e non ha voglia di affrontare orizzonti troppo lontani.

Ecco quindi come finisce la “carriera” di Mario e di tanti altri trader…

Ne ho conosciuti diversi che hanno fatto esperienze simili e ora non vogliono neanche sentir parlare di trading, pur essendosi avvicinati a questa attività a un certo punto della loro vita.

Gli Italiani sono forse meno capaci degli altri a fare trading? Niente affatto. Ma di certo non hanno a disposizione i broker adatti e quindi, a meno di non intraprendere una doverosa ricerca fra i broker esteri, devono rassegnarsi a limitare le possibilità del loro trading, sia in termini di strategie che di strumenti su cui investire; il che li porta a lungo andare a delle perdite e infine all’abbandono dell’attività di trading.

Come dicevo all’inizio, questo atteggiamento rivela l’errore di fondo che impedisce di passare da un livello di trading “amatoriale” a uno “professionale”, cioè accettare che un broker condizioni le nostre scelte e strategie di trading, invece di cercare il broker adeguato alle nostre esigenze.

Nel trading purtroppo il livello “amatoriale” non è contemplato. In realtà esiste un solo livello: quello che fa realizzare dei guadagni, pochi o molti che siano. E chi non riesce a raggiungere quel livello, prima o poi sarà costretto a chiudere la propria attività di trading.

Il primo passo per raggiungere tale livello è saper scegliere il broker adatto a noi; non ci sono alternative possibili.

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Anche nel nostro servizio Strategie Portfolio, dove i nostri iscritti, grazie alle informazioni e analisi dei mercati che forniamo loro, ottengono rendimenti ben superiori a quelli richiesti per ammortizzare le spese per le commissioni del broker, ci siamo accorti che senza avere un broker adeguato non sarebbero in grado di ottenere i rendimenti previsti dal nostro portafoglio di azioni, opzioni e Etf.

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