Siamo in un’economia di guerra, pur non essendo entrati direttamente in guerra con qualcuno.

Purtroppo l’economia americana, che resta ancora l’unico traino delle borse, si è messa in modalità di guerra, nonostante si tratti più di apparenza che di sostanza.

Le due bombe fatte scoppiare da Trump senza alcuna pratica conseguenza nei conflitti in corso, hanno almeno centrato l’obiettivo di distrarci dai provvedimenti che il suo governo dovrebbe varare in campo economico.

Nonostante queste decisioni economiche siano sempre più complicate da prendere, visto il caos che regna ormai nel senato e al congresso, le bombe e le minacce alla Corea forniscono una apparenza di coesione istituzionale, che però non rassicura nessuno.

Alla fine, il risultato è che praticamente non c’è settore di borsa che non stia subendo delle perdite.

Non tanto per la paura di un conflitto imminente, quanto per la quasi impossibilità di stabilire dei trend economici chiari.

Molti settori in realtà potrebbero avere buone performances (le commodities, i materiali industriali, i tecnologici, i farmaceutici, ecc…).

Ne abbiamo segnalati anche in questa newsletter a varie riprese.

Ma la verità è che senza una chiara impostazione da parte del governo USA, non ci sono le condizioni né per un forte rialzo, né per un crash di borsa che almeno faccia ripartire tutto da zero.

Siamo immobilizzati in un trend laterale, che è la morte delle contrattazioni, perché non lascia spazio per accumulare punti sia a rialzo che a ribasso.

Le pochissime eccezioni a questa situazione sono quei trend su cui le banche centrali e la politica non hanno il completo controllo.

Tre settori da noi segnalati in tempi molto diversi (uno molto tempo fa e due molto di recente) rientrano in queste fortunate eccezioni.

Inizio col primo, che non abbiamo mai perso di vista nonostante lo avessimo segnalato nel lontano settembre 2016 in questo articolo.

Si tratta del trend dei titoli di stato americani, di cui avevamo predetto la risalita dei prezzi (inversi alla discesa dei tassi d’interesse) e che seguiamo attraverso l’etf TLT (citato nell’articolo di cui sopra).

Come abbiamo spiegato in dettaglio in quest’altro articolo, la Federal Reserve (Fed) può alzare quanto vuole i tassi d’interesse dei titoli di stato a breve termine, ma non può far nulla su quelli dei titoli a lungo termine.

Avevamo detto che il trend a ribasso dei tassi d’interesse a medio – lungo termine era rimasto assolutamente invariato, qualsiasi cosa la Fed avesse fatto.

Ed oggi, dopo una lunga incertezza dovuta all’impatto “pubblicitario” dell’inutile rialzo della Fed, finalmente il trend dei tassi ha imboccato con decisione la sua strada a ribasso, facendo risalire il nostro etf, che rappresenta l’andamento del prezzo dei titoli di stato USA, in risalita rispetto ai tassi d’interesse:

Nel grafico sopra puoi ammirare il doppio minimo (l’ultimo avvenuto l’11 aprile scorso) causato dai due inutili rialzi dei tassi praticati dalla Fed, e la rottura a rialzo dell’etf (fatta proprio la settimana scorsa) una volta che l’economia reale ha ripreso il sopravvento.

In alto nel grafico puoi leggere il target che ho ipotizzato per questo trend, sotto la linea rossa a 128,94 dollari, per la precisione intorno a 127,88 dollari.

Il secondo trend che sfugge al controllo dell’economia basata sulla politica è quello del british pound, di cui abbiamo parlato a gennaio qui.

Nonostante l’improvvisa decisione della Presidente May di anticipare le elezioni britanniche a giugno (o forse proprio per questo), il trend a rialzo sulla sterlina è finalmente partito:

Il grafico sopra mostra il nostro future sul cambio sterlina/dollaro che rompe in un colpo solo due importanti livelli di resistenza a 1,2615 e a 1,2774.

Anche in questo caso ho evidenziato un target iniziale (poco sotto 1,3320), ma ricorda che nell’articolo di gennaio avevo detto che si tratta di un trend che ha accumulato molta forza nel tempo, quindi è anche possibile il ritorno a livelli del tutto naturali prima della brexit, diciamo intorno a 1,40.

Infine, il terzo trend è quello dell’indice di borsa portoghese, segnalato assieme a quello spagnolo in questo articolo di appena 20 giorni fa.

Dei due etf segnalati, solo quello portoghese (PGAL) ha finora mostrato qualcosa degno di nota:

Il grafico mostra nel rettangolo rosso una fase concitata e compressa di accumulazione laterale che potrebbe dare molta forza potenziale rialzista a PGAL.

Non è molto, per ora.

Si tratta di trend un pò marginali e fuori dai radar dei media, ma è proprio la nostra specialità segnalare ciò che gli altri non vedono.

Accontentiamoci di questo, in attesa che gli altri trend più “blasonati” ritrovino la loro strada.

Alla tua prosperità!

Il team di Segnali di Borsa