Le recenti crisi bancarie americane NON sono causate dal credito, come quelle del 2008.

In articoli precedenti (ad esempio qui) abbiamo spiegato le cause di questi default, perciò non ci dilunghiamo su questo. L’importante è capire che il credito non c’entra nulla.

Se si vuole davvero avere il polso della situazione e capire cosa sta succedendo nell’economia, la prima cosa da fare è abbandonare lo schema proposto sia dai media mainstream che dai media complottisti.

Chi ragiona con questo schema si aspetta che le politiche restrittive della Federal Reserve inneschino sofferenze tali nelle banche da costringerle a una stretta creditizia che alla fine strangolerà l’economia e porterà a una forte recessione.

Niente di piu’ sbagliato.

Al contrario, grazie agli aumenti dei tassi d’interesse, il credito è tornato a essere il business piu’ appetibile per una banca. Lo dimostrano gli ultimi bilanci trimestrali delle grandi banche (J.P. Morgan. Citigroup, Bank of America, Wells Fargo).

Gli interessi che queste grandi banche hanno guadagnato sui loro prestiti ha superato di gran lunga i costi sostenuti sui depositi dei loro clienti.

J.P. Morgan ad esempio ha riportato un reddito netto da interessi record di oltre $ 20 miliardi.

I ricavi delle quattro mega-banche USA sono tutti aumentati, mentre i loro profitti sono stati cosi’ incredibili da controbilanciare ampiamente gli accantonamenti per perdite su prestiti.

Del resto, una delle migliori prove che il credito (assieme ad altri servizi bancari) è diventato cosi’ appetibile è la corsa all’oro che si sta svolgendo tra banche e giganti high tech.

Giganti High Tech e grandi banche: iniziano le danze…

Tutti sappiamo che Amazon, Meta, Google, Apple e Microsoft hanno già creato propri sistemi di pagamento virtuale.

Il passo successivo è quello di offrire anche credito, attraverso carte di credito (finora ci sono arrivate Amazon e Apple) e poi offrire l’altro lato del sistema, cioè depositi a interessi (lo sta facendo Apple, che offrirà interessi al 4,15%, superiori a quelli di qualsiasi banca).

La differenza tra le grandi banche e i giganti high tech è che questi ultimi hanno il vantaggio di non avere in gestione dei depositi. La loro fonte di ricchezza infatti è la montagna di cash accantonato, non i depositi dei clienti (questi ultimi, poi, possono anche ritirare i loro risparmi da un giorno all’altro, come abbiamo visto).

In questa corsa all’oro, le banche e le società high tech sono impegnate in qualcosa che è a metà tra la rivalità senza esclusione di colpi e la collaborazione.

I servizi finanziari di Apple, ad esempio, sono in realtà creati e gestiti operativamente da Goldman-Sachs, mentre la carta di credito di Amazon è rilasciata in partnership con J.P.Morgan.

Quando possono, però, le grandi banche non esitano a fare fuori gli avversari, come nel caso emblematico della First Republic Bank.

Attenzione a questa vicenda, perché rivela molte cose…

La lotta all’ultimo sangue tra i servizi finanziari non è certo finita…

Nel primo trimestre di quest’anno, i depositanti hanno ritirato dalla First Republic Bank 102 miliardi di dollari. E questo nonostante la banca avesse in precedenza preso in prestito $ 92 miliardi dalla Federal Reserve e altri $ 30 miliardi da 11 banche più grandi.

La Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) si è affrettata a trovare un acquirente durante il fine settimana nella speranza di non dover costringere la Fed a un ennesimo costoso salvataggio.

J.P. Morgan, “coraggiosamente” (si fa per dire) si è fatta avanti per acquisire i $ 173 miliardi di prestiti, $ 30 miliardi di titoli e $ 92 miliardi di depositi della First Republic con la modica spesa di soli $ 10,6 miliardi. L’accordo ha come ulteriore vantaggio che la FDIC coprirà l’80% di tutte le perdite su crediti che JP Morgan potrebbe soffrire a causa dei crediti inesigibili della First Republic nei primi sette anni di mutui e nei primi cinque anni di prestiti commerciali.

Insomma, quello della J.P. Morgan non è stato proprio un “sacrificarsi per la causa”…

Ma c’è di piu’…

Si, perché in condizioni di mercato “normali”, J.P. Morgan, per evidenti motivi di antitrust, non sarebbe mai stata autorizzata ad acquisire First Republic. Il solo motivo per cui la Federal Trade Commission ha permesso “a malincuore” questa acquisizione (e anche i ricchi e sfacciati bonus concessi) è che siamo in tempi di “emergenza” (ormai abbiamo imparato quanto sono preziose queste “emergenze” per aggirare la legge).

Parliamo della stessa Federal Deposit Insurance Corporation che proprio in questi giorni ha inviato un ordine di consenso (una notifica) alla Cross River Bank (la banca che osa fornire assistenza alle transazioni cripto-fiat per VISA e Coinbase) sostenendo che la banca è impegnata in pratiche di prestito “non sicure e non solide” che andranno sanate, pena la confisca, come avvenuto per la Silvergate Bank.

Due pesi e due misure…che fanno capire da che parte propenda il favore della FDIC in questa lotta senza quartiere….

Una lotta nella quale la J.P. Morgan sembra agire nella massima impunità.

Ricordiamo, come detto in un articolo precedente, che secondo alcuni media (ad esempio The Information) i bank run che hanno portato al fallimento una banca solida come Silicon Valley Bank sono stati probabilmente pilotati dalla stessa J.P. Morgan.

Bisogna capire che l’innesco di questi bank run non avvengono a causa di utenti retail (semplici cittadini) che per qualche ragione iniziano a ripulire i loro depositi dalle banche. In realtà sono i principali clienti di queste banche (soprattutto grandi aziende o singole personalità multimilionarie) a iniziare queste fughe dai depositi, che solo in seguito vengono imitati dai clienti retail.

Le banche colpite da questi fallimenti pilotati, hanno tutte le stesse caratteristiche: gestiscono principalmente le società, non i semplici cittadini.

E sono proprio queste società l’oggetto del desiderio delle grandi banche sistemiche, J.P.Morgan in testa, che probabilmente ne riescono a contattare le alte dirigenze, alle quali promettono condizioni migliori, oppure le fanno credere che la loro banca stia per fallire, o comunque le convincono in qualche modo a spostare i loro capitali fuori dalla banca.

Come dice questo articolo, questa “concorrenza del credito” e degli altri servizi bancari tra banche, fintech e high tech raggiungerà livelli ancora piu’ frenetici nei prossimi mesi e anni.

Tutto per la conquista del predominio nei servizi bancari offerti alle grandi società e ai clienti multimilionari.

E fra i servizi bancari, come abbiamo detto, il credito è il piu’ appetibile, perché permette di avere enormi profitti sotto forma di interessi.

In un contesto del genere, come si può pensare che a un certo punto le banche si ritirino dalla lotta e non vogliano piu’ fornire servizi di credito all’economia?

Del resto, basta uno sguardo al mondo dei mutui per capire la situazione…

Il mercato dei mutui dimostra che in America il credito si espanderà e non ci sarà alcun “credit crunch”

Il mercato dei prestiti ipotecari non è legato direttamente ai tassi di interesse decisi dalla Fed. Ci sono altre forze in gioco, tra cui l’offerta di nuovi immobili e la domanda da parte dei potenziali acquirenti.

Ecco perché, anche se i tassi di interesse rimangono ancora elevati, la disponibilità dei mutui sta migliorando.

In altre parole, in America sta diventando un po’ più facile per aziende e cittadini ottenerne uno…

Secondo l’ultimo Mortgage Credit Availability Index, un rapporto della Mortgage Bankers Association che analizza i dati di ICE Mortgage Technology, la disponibilità di credito ipotecario negli Stati Uniti è aumentata nel marzo 2023.

Siamo ancora ai primi, timidi segnali che le banche stanno diventando più disposte a prestare.

Pungolate dalla concorrenza delle società high tech con la loro quasi illimitata liquidità, le banche non possono starsene in disparte ancora per molto, col rischio di perdere la corsa all’oro del credito e degli altri servizi finanziari.

E come abbiamo visto, per vincere questa corsa, le banche, quando possono schiacciare un concorrente, lo fanno, oppure, al contrario, stipulano accordi e joint ventures con gli avversari che non hanno la forza di eliminare…

Risultato: piu’ credito all’economia = piu’ liquidità = aumento dei consumi = espansione economica

Dal punto di vista macroeconomico, l’aspetto piu’ importante di tutto questo discorso è che i giganti high tech inizieranno a prestare denaro anche contro una frazione delle loro folli riserve di liquidità, aggiungendo decine, se non centinaia di miliardi di dollari di credito al consumo.

E le banche, dal canto loro, continueranno ad abbassare i loro standard di prestito, rendendo nuovamente accessibile il credito e quindi aumentando ulteriormente la quantità di credito nel sistema.

Tutti i default e i bank run, che accadono e continueranno forse a verificarsi nel corso di questo processo, sono solo gli effetti di questa competizione selvaggia, non sono il sintomo di una qualche mancanza di liquidità nel sistema che inizia a far saltare gli ingranaggi.

Alla fine di questa lotta ci saranno molti caduti: diverse banche di medie dimensioni, alcuni settori economici già oggi divenuti marginali, come i department stores e gli immobili commerciali, diversi milioni di semplici cittadini, professionisti e dipendenti impiegati in questi settori, ne lasceranno le penne.

Ma ciò non toglie che il risultato finale sarà un’economia con molti settori “superstiti” in ottima salute, che sapranno sfruttare la liquidità che, sotto forma di credito, sarà entrata nel sistema.

Del resto, già adesso basta consultare i risultati delle pubblicazioni dei bilanci trimestrali di aprile per capire quali saranno i settori vincenti:

American Express ha affermato che la spesa dei consumatori rimane resiliente, Taiwan Semiconductor e Lam Research si aspettano che il mercato dei semiconduttori rimbalzerà nella seconda metà del 2023, mentre Genuine Parts Company e AutoNation hanno riportato che la domanda di ricambi auto rimane forte…e cosi’ via…

Per una volta, sono d’accordo con un’esponente della Federal Reserve, per la precisione, il presidente della Federal Reserve di St. Louis James Bullard , il quale ha dichiarato a Reuters che “Wall Street è molto convinta che ci sarà una recessione tra sei mesi o qualcosa del genere, ma non è proprio il modo in cui si legge un’espansione come questa.”

Che dire dei soldi della pandemia ancora da spendere, sia a livello statale e locale che a livello di singola famiglia?” continua Bullard.

I trilioni di dollari che il governo ha distribuito direttamente ai consumatori, alle imprese e ai governi statali e locali sono ancora nel sistema. Stati come la California stanno accumulando grandi deficit su base contabile, ma sono ancora seduti su pile di contanti della pandemia, e li stanno spendendo“.

I consumatori sono inondati di contanti.“, riprende Bullard, “Puoi vederlo nei depositi presso le banche, che avevano raggiunto i $ 18 trilioni alla fine del 2021 e ora sono scesi appena a $ 17,4 trilioni, che è ancora una somma enorme. Puoi vederlo nei capitali dei fondi del mercato monetario: tutti aumentati vertiginosamente. I consumatori hanno anche parcheggiato molto denaro in buoni del tesoro. Molti di questi strumenti pagano dal 4% al 5% di interessi.(…)”.

Insomma, non proprio la crisi di credito e di liquidità che molti ancora si aspettano…