Un importante effetto della fine della globalizzazione, ormai inarrestabile, è la polarizzazione dell’economia fra le due aree attualmente in competizione fra loro, cioè l’occidente e il resto del mondo.

Si tratta di un processo graduale che sta agendo sempre piu’ in profondità e alla fine, se non ci sarà una svolta che lo riporti indietro nel tempo, produrrà effetti decisivi sull’assetto delle valute globali.

Chi ci legge sa bene che non ci siamo mai allineati alle facili narrative complottiste sulla “dedollarizzazione”.

Neanche questa volta diremo che la dedollarizzazione è dietro l’angolo.

Ma possiamo dire ormai con certezza che l’equilibrio basato su una valuta unica mondiale è rotto, forse in modo irrimediabile. E questo dovrà per forza portare a un nuovo assetto valutario, di cui però è prematuro prevedere i contorni.

Nel nostro piccolo, in due articoli dell’anno scorso (qui e qui) avevamo già segnalato i primi sintomi di questa crisi epocale.

Avevamo infatti evidenziato una importante polarizzazione fra oriente e occidente dei prezzi dell’oro.

Dopo che le banche cinesi avevano abbandonato la piazza di Londra che fissa ancora oggi il prezzo ufficiale dell’oro, le quotazioni di questa materia prima hanno iniziato a divergere fra oriente e occidente.

Ora un’analoga divergenza di prezzi si sta affacciando sulla scena mondiale per un’altra importantissima materia prima: il petrolio.

Questo articolo è fra i pochi che lo rivelano; e ne consigliamo perciò la lettura a chi vuole approfondire.

In soldoni, mentre l’AIE, l’agenzia internazionale (occidentale) dell’energia dice che il petrolio è destinato a valere sempre meno, l’OPEC, dice la cosa opposta.

Le conclusioni dell’AIE sono basate sulle fantasiose prospettive di affermazione delle energie alternative, mentre quelle dell’OPEC si basano sulla ipotetica capacità dei membri di tale organizzazione di manipolare a rialzo le quotazioni.

Legate dunque piu’ alla politica e all’ideologia che alla realtà, queste stime hanno portato le due entità alla massima divergenza sulle proiezioni future degli ultimi 16 anni.

E nel caso del petrolio, dove, a differenza dell’oro, non c’è una piazza ufficiale che fissa le quotazioni giornalmente, le proiezioni future hanno un effetto fondamentale sul prezzo giornaliero.

Infatti il mercato dei derivati, dove questo prezzo si crea in modo indiscriminato e spontaneo, si basa interamente sulle proiezioni future, non certo sui reali scambi di domanda e offerta.

Ecco quindi che, come nel caso dell’oro, anche in quello del petrolio si inizia a riscontrare una crescente difficoltà nella fissazione di un solo prezzo ufficiale che valga in tutte le parti del globo.

Ma oro e petrolio non sono due materie prime qualsiasi.

La modulazione e il controllo delle loro quotazioni sono le colonne portanti di tutto il sistema valutario globale basato sul dollaro.

In tale sistema, l’immagine falsa dell’oro come “suddito” e “fratello scemo”delle obbligazioni statali sta alla base della credibilità delle valute fiat basate sul debito, cioè dollaro ed euro.

Tuttavia, in quella larga parte di mondo che non fa parte dell’occidente allargato, questa finzione non regge piu’.

Dal momento che i paesi che ne fanno parte effettuano scambi commerciali in valuta locale e non in dollari, l’oro viene usato come valuta ponte per passare da una valuta locale all’altra, e quindi ridiventa il polo fisso e immutabile tra queste diverse valute.

Allo stesso modo il petrolio, materia prima intorno cui si coalizzava il consenso alla circolazione del dollaro negli scambi globali, sta diventando l’elemento divisivo che giustifica il superamento di tale sistema.

Man mano che i ruoli di queste due materie prime si differenziano fra i due emisferi concorrenti occidentale e sud-orientale, la loro valutazione unica globale perde sempre piu’ concretezza reale.

A una polarizzazione dell’uso del petrolio e dell’oro corrisponde quindi una polarizzazione delle loro rispettive valutazioni.

E a lungo andare, è l’uso, non la forza delle armi o dei ricatti economici, a determinare la struttura dell’economia, in questo caso dell’economia valutaria.

A questo punto, potremmo ipotizzare che tutto questo porterà un giorno alla “fine del dollaro”?

Certamente la divergenza dei prezzi è una condizione che, aggiunta ad altre, può portare a lungo andare in quella direzione.

Ma bisogna capire che la dedollarizzazione è un processo “rivoluzionario”, mentre gli eventi che abbiamo appena spiegato sono ancora fenomeni di “resistenza”, non di rivoluzione.

La rivoluzione è la sostituzione di un ordine con un altro.

La resistenza è il tentativo di sopravvivere in un ordine costituito, senza tentare di sovvertirlo, ma a volte tentando di avvantaggiarsi a sue spese.

Almeno per ora, i paesi del cosiddetto “nuovo ordine multipolare” non cercano di sovvertire l’ordine unipolare dominato dal dollaro e dagli USA.

Tutte le azioni che mettono in atto, sia in campo economico e geopolitico che in quello militare, sono ancora dei semplici espedienti per resistere a tale ordine, cioè per sopravvivere in esso alla meno peggio, non per sovvertirlo.

In questo articolo avevamo spiegato il modo con cui potremmo un giorno capire quando questi paesi staranno passando dalla semplice resistenza a una vera rivoluzione, almeno per quanto riguarda la supremazia del dollaro.

Avevamo detto infatti che la dedollarizzazione avverrà nel momento in cui un gruppo di paesi deciderà di prezzare alcune materie prime in una valuta diversa dal dollaro.

Finché ciò non avviene, la supremazia del dollaro resta ancora in piedi, anche se gli scambi commerciali in dollari non avvengono con la stessa frequenza di prima e anche se le quotazioni in dollari di alcune materie prime iniziano ad essere complicate.

E’ possibile che questi due fenomeni che abbiamo citato, con l’andar del tempo, finiscano per rendere sempre piu’ difficili, e in certi casi persino impossibili, le transazioni nel sistema del dollaro.

Ma anche in questo caso non è detto che ciò spinga i paesi “multipolari” al grande passo della dedollarizzazione. Semplicemente perché quest’ultima, come dicevamo, è un’azione rivoluzionaria che implica il sovvertimento di un ordine in tutti i suoi aspetti, non solo quello valutario.

Decidersi per la dedollarizzazione vuol dire voler creare un intero ordine alternativo (in tutti i suoi aspetti politici, sociali, commerciali, economici, ecc.). E vuol dire anche essere disposti a difenderlo con un imponente sforzo militare

Siamo ancora molto lontani da tutto questo…