In questo articolo discutero’ della possibilità che i lockdown possano diventare uno strumento di politica monetaria per le banche centrali, soprattutto per la Federal Reserve.

Dal 2008 la Federal Reserve ha perfezionato gli strumenti che sostengono la sua “valuta fiat”, cioè un dollaro che ha per collaterale titoli di stato emessi dal governo.

Questo tipo di valuta è soggetta a una continua perdita di potere d’acquisto, che è come l’effetto indesiderato, ma necessario, per mantere costantemente bassi i tassi d’interesse dei titoli di stato posti a collaterale.

Tuttavia questa perdita di potere d’acquisto non si era mai manifestata come inflazione.

Inflazione che purtroppo ultimamente le misure di contenimento del covid, durate nel corso dell’intero 2020, hanno iniziato a manifestare.

Nei mercati e fra le élites finanziarie è in corso un acceso dibattito per capire se si tratta di un’inflazione transitoria o a lungo termine.

Anche noi nella nostra newsletter gratuita abbiamo scritto le nostre ipotesi a riguardo e continuiamo ad aggiornare i lettori sugli effetti di questa nuova situazione.

In questo articolo pero’ parleremo di una questione molto meno teorica, che sfugge ai media.

A prescindere dal fatto che ci troviamo in un’inflazione a breve o a lungo termine, sta di fatto che la Federal Reserve inizia ad avere problemi a mantenere sotto controllo gli effetti di questa inflazione sulla stabilità dei tassi d’interesse.

Questo “affanno” si vede per ora solo nel mercato repo, cioè negli scambi che quotidianamente avvengono fra le banche e la banca centrale per riequilibrare i bilanci delle banche dopo ogni giornata di transazioni.

A causa della liquidità in eccesso creata dalla stessa Fed e dal Tesoro USA per gli aiuti del covid, ultimamente il mercato repo serve perlopiu’ a riequilibrare eccessi di liquidità nelle banche.

La liquidità infatti è una passività per le banche e percio’, quando è troppa, deve essere continuamente drenata al di fuori dai loro bilanci.

Per liberare le banche da queste passività, la Fed offre loro al mercato repo un valore equivalente di titoli di stato. Le banche comprano questi titoli pagando la Fed con i loro dollari in eccesso. La Fed cosi’ si accolla questi dollari, che entrano a far parte della sua passività.

Ora, attenzione alle cifre: il 10 giugno la Fed ha dovuto vendere alle banche titoli di stato per un valore record di 535 miliardi, liberando le banche da un corrispettivo controvalore di liquidità in eccesso (se ne parla qui).

Non solo questo valore, 535 miliardi, è il piu’ alto mai calmierato nel mercato repo, ma si tratta anche di una cifra che annulla gli effetti di 4 mesi e mezzo di QE.

Questo punto è molto importante e va spiegato bene.

Facciamo una premessa.

Ufficialmente, come si sa, la Federal Reserve è impegnata in un programma di riacquisto di 120 miliardi al mese di titoli di stato (il famoso QE).

Il QE servirebbe a mantenere bassi i tassi di questi titoli, evitando che i loro prezzi scendano – i tassi, come si sa, sono inversi al prezzo -.

Con il covid lo stato americano e la banca centrale hanno emesso titoli pari a 3 trilioni di dollari, a cui si aggiungeranno altri 7 o 9 trilioni quest’anno, fra aiuti e investimenti vari.

Se si aumentassero anche di poco i tassi, si manderebbe in bancarotta lo stato federale, costringendolo a pagare cifre astronomiche di interessi.

Quindi, se il QE è sempre stato uno degli strumenti essenziali per le politiche monetarie legate alla valuta fiat, dopo il covid (e dopo l’enorme liquidità emessa e da emettere a causa della pandemia), il QE è diventato l’ultima diga di sbarramento prima del tracollo dei conti pubblici.

Ora, cerchiamo di capire quello che sta facendo la Fed con questa “diga”.

Da una parte, per mantenere bassi i tassi, la Fed compra sul mercato titoli di stato.

Dall’altra, nel mercato repo, la Fed vende titoli di stato per liberare le banche dalla liqudità in eccesso.

Ma questo circolo vizioso sta raggiungendo un livello di contraddizione significativo, in quanto, gli stessi titoli di stato che la Fed ha comprato negli ultimi 4,5 mesi sono stati rivenduti dalla stessa Fed.

In pratica, la Fed si sta avviando verso un gioco a somma zero: da una parte continuerà a comprare questi titoli, ma dall’altra sarà costretta a venderne una parte sempre piu’ vicina alla quantità totale che ha acquistato.

Spero sia tutto chiaro finora, perché adesso è il momento di tirare le somme (e di introdurre anche l’argomento lockdown, di cui non ci siamo certo dimenticati).

La Fed sta facendo il gioco delle tre carte con i titoli di stato: di giorno li compra e la notte li rivende al mercato repo.

In quale scenario avviene questo?

In uno scenario in cui la stessa Federal Reserve ufficialmente afferma che l’inflazione è sotto controllo e che non vi è alcuna necessità di mettere in campo misure diverse in campo monetario.

Quali sarebbero le misure che la Fed dovrebbe adottare in caso d’inflazione?

Storicamente, i due strumenti usati dalla Federal Reserve sono due:

  • ridurre – fino ad annullarlo – il programma di riacquisto (QE) di titoli di stato (il cosiddetto “tapering”)
  • e successivamente, se la prima misura è insufficiente: aumentare i tassi d’interesse dei titoli di stato

Nelle precedenti fasi inflazionistiche (ad esempio negli anni ’70 e nel 2011), la Fed ha sempre usato questi due strumenti nella stessa successione temporale.

Prima si fa il “tapering” e poi, se la situazione non migliora, come misura di emergenza si aumentano i tassi d’interesse.

Ma se oggi la Fed rivende sul mercato quantità crescenti di titoli di stato. Gli stessi titoli che si era impegnato ufficialmente a comprare, non sta già facendo una specie di “tapering” mascherato?

E se lo sta facendo, non vuol dire che l’inflazione, di qualsiasi tipo si tratti, sta già rendendo difficile mantenere i tassi d’interesse sotto controllo?

Ripetiamolo: gli strumenti per evitare gli effetti valutari dell’inflazione sono solo due:

  • il “tapering”
  • e l’innalzamento dei tassi d’interesse

Visto che la Fed sta già di fatto adottando un “tapering”, se questo non dovesse bastare, si dovrebbe passare alla seconda opzione, cioè all’aumento dei tassi?

Eh no. Non in questo caso…

L’aumento dei tassi d’interesse è sempre stata l’ultima chance, per il semplice fatto che costringe i governi che emettono i titoli di stato a pagare interessi molto maggiori su tali titoli.

Ma come abbiamo detto prima, abbiamo 3-9 triliardi di dollari già stampati e da stampare, che richiederanno l’emissione di un pari valore di titoli di stato.

Se il Tesoro dovesse pagare dei tassi d’interesse, anche vicini allo zero, su questa montagna di titoli, andrebbe in bancarotta.

Percio’ l’opzione di alzare i tassi per battere l’inflazione, stavolta non è piu’ l’ultima spiaggia… è semplicemente qualcosa da evitare a ogni costo…non si puo’ piu’ fare e non si farà mai. Dimetichiamoci dei tassi d’interesse. Punto.

Ma allora, cos’altro si puo’ fare?

E’ qui che arriviamo al lockdown…

Proiettiamoci in un futuro prossimo e immaginiamo che questa inflazione, anche se transitoria, dovesse persistere ancora per un semestre…

E mettiamo che la Fed continui a fare il suo “tapering” mascherato fino a che questa misura non avrà piu’ effetto.

Cos’altro credi che farà la Fed per arginare l’inflazione?

Abbiamo detto che l’aumento dei tassi non è piu’ un’opzione.

Cancelliamolo quindi dal breve elenco delle misure antiinflazione della Fed.

Deve esserci qualcos’altro da poter fare…

Si, qualcosa da fare c’è. Ed è stato già sperimentato con successo per oltre un anno. Si chiama lockdown….

L’obiettivo è di moderare i consumi per dare il tempo alle catene di produzione di distribuire i prodotti e i servizi in equilibrio con la domanda.

Ci sono tanti modi per orientare i consumatori, deviandoli dai settori ancora in squilibrio. Ma i lockdown si sono dimostrati lo strumento piu’ rapido ed efficace.

Non dev’essere per forza un lockdown totale come quello dell’anno scorso. In effetti il cosidetto “mondo dopo il lockdown” di cui tutti parlano non è altro che una ridefinizione del modo con cui potremo usufruire di beni e servizi (e anche uno sfoltimento drastico dell’offerta di tali beni e servizi).

Non avremo piu’ la libertà di comprare tutto in qualsiasi momento. Non finché c’è lo spettro dell’inflazione.

Ecco che quindi, la prevedibile recrudescenza autunnale della circolazione dei virus, potrebbe essere sfruttata per ripristinare restrizioni ai movimenti (e ai consumi) di vario tipo che abbiano come effetto quello di rallentare la pressione inflazionistica.

Già dopo l’estate del 2020 le restrizioni furono ripristinate. Accadrà lo stesso questo autunno.

Bisogna iniziare a pensare ai lockdown come a misure di politica monetaria vere e proprie. Tali misure saranno sempre piu’ necessarie man mano che le misure finanziarie tradizionali diverranno sempre piu’ inefficaci…

Ne riparleremo fra quattro mesi…