Non ho letto da nessuna parte questa notizia, che invece meriterebbe di stare sulle prime pagine dei media specializzati in finanza e investimenti.

Oggi gli investitori cinesi non possono comprare azioni delle loro maggiori aziende nello Shanghai Stock Exchange.

In pratica, quote delle versioni cinesi di Google, Amazon, Watsapp, oppure dei giganti del travel-booking online o dell’e-commerce possono essere comprate solo nella borsa di Hong Kong o nei mercati USA.

E si tratta di aziende con fatturati da capogiro che superano di gran lunga quelli dei loro omologhi occidentali.

In piu’ (e questo è un aspetto sottostimato dagli esperti di casa nostra), le entrate di queste aziende si basano sulle vendite nel mercato interno, a differenze delle nostre aziende, molto piu’ dipendenti dall’estero.

Guarda infatti queste tabelle che mostrano in Cina e in USA i settori dove le vendite all’estero contano piu’ del 2% dei fatturati:

I settori dell’economia cinese che dipendono dall’estero piu’ del 2% sono solo 3. Invece:

I settori dell’economia americana che contano sulle vendite all’estero per piu’ del 2% sono ben 11.

Immagina quindi che noi avessimo aziende come Apple, Google e Amazon in perfetta salute, che vendono in un mercato interno votato a crescita esponenziale per i prossimi 10 anni e quindi con una esposizione molto ridotta ai dazi commerciali degli altri paesi… ma per comprare azioni di queste aziende dovessimo andare, che so, nella borsa di Ankara…

Questo scenario inimmaginabile per noi è realtà quotidiana per milioni di Cinesi…

Le quote delle aziende piu’ popolari del Paese non si possono comprare in Cina!

Anzi, per l’esattezza dovremmo dire: non si potranno comprare fino alla fine di quest’anno….

Perché in realtà, entro fine 2019, grazie al progetto cinese della istituzione di una borsa con le stesse caratteristiche del Nasdaq americano, tutto sta per cambiare.

Per “borsa simile al Nasdaq” intendo dire un mercato che ha delle regole piu’ flessibili rispetto alla borsa tradizionale di Shanghai; esattamente come il Nasdaq lo è rispetto allo S&P500.

Attualmente ad esempio, la borsa di Shanghai permette le quotazioni solo di aziende che esistono da piu’ di 10 anni.

Una regola che impedisce la presenza in questo mercato di quasi tutte le maggiori aziende cinesi, che hanno al massimo 4 o 5 anni di vita.

Il nuovo Nasdaq cinese permetterà al contrario l’entrata di tutte queste aziende giovani, grazie anche ad altre regole piu’ permissive che riguardano la capitalizzazione, la fiscalità, l’indebitamento ecc.

Yi Huiman, presidente della China Securities Regulatory Commission (“CSRC”) – in pratica, la “Consob” cinese – ha annunciato che i lavori per l’apertura di questo mercato prevedono di essere completati entro la fine di quest’anno, e ha auspicato che da quel momento le aziende cinesi quotate all’estero rientreranno in massa nella nuova borsa.

I Cinesi conoscono bene queste aziende, ne consumano ogni giorno i prodotti e servizi e leggono le loro imprese sui giornali, ma non possono detenerne azioni nelle loro piattaforme di trading.

Il nuovo Nasdaq cinese metterà presto fine a questa assurdità e potrebbe innescare una bolla simile a quella che si manifesto’ proprio nei primi anni del Nasdaq sui titoli high-tech.

I nostri media non si rendono conto delle dimensioni di questo progetto, né del potenziale di guadagno che potrebbe comportare per gli investitori che si posizioneranno con sufficiente anticipo per sfruttare questo evento storico.

Noi invece ne siamo ben consapevoli.

Da tempo infatti monitoriamo i grandi cambiamenti che stanno per avvenire in Cina sul lato finanziario. Una vera e propria rivoluzione di cui il nuovo Nasdaq è solo un semplice tassello…

La serie di misure che il governo cinese e tutte le istituzioni della finanza globale stanno per attuare sono cosi’ numerose e interessanti per gli investitori che abbiamo creato un dossier interamente dedicato ad esse.

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