giovedì, Luglio 17, 2025

La Federal Reserve interrompe la liquidità giornaliera per le banche

Normalmente alcune grandi banche gestiscono la liquidità di tutto il sistema bancario, immettendo la liquidità giornaliera che manca alle altre banche per completare le loro operazioni quotidiane e riprendendosela il giorno dopo.

Da settembre 2019 a gennaio 2020 queste banche avevano manifestato segni di sofferenza e non avevano piu’ la liquidità disponibile per svolgere questa funzione.

Per questo, la Federal Reserve si era sostituita a queste banche mettendo la propria liquidità a disposizione del sistema (oltre 400 miliardi in totale, da settembre a dicembre 2019).

Questa mossa della Fed non è un’attività di routine, ma anzi viene adottata poche volte, e sempre nel corso di grandi crisi di liquidità, come quella del 2008. Per tale ragione, vista l’eccezionalità della cosa, tramite il nostro canale Telegram abbiamo fornito una cronaca in presa diretta sull’andamento di questa operazione della Fed, fino alla sua conclusione odierna.

Ora questo ciclo di salvataggio è definitivamente terminato e la Federal Reserve sta gradualmente restituendo alle grandi banche la loro funzione di gestori della liquidità giornaliera bancaria.

Le misure della Fed per attuare questo ritiro sono:

  • Dal 17 gennaio 2020, chiusura senza rinnovo dei titoli di stato a breve termine usati in questo scambio giornaliero di liquidità e andati in scadenza.
  • Dal 30 gennaio 2020, aumento dei tassi d’interesse per la liquidità giornaliera (da 1,55% a 1,60%) e per la liquidità bisettimanale (da 1,58% a 1,61%), in modo da rendere piu’ attrattiva la liquidità della grandi banche, che offrono tassi inferiori.
  • Dal 4 febbraio, taglio da 30 miliardi a 5 miliardi della liquidità bisettimanale offerta.

Secondo la Fed, la crisi di liquidità avvenuta da settembre a gennaio era dovuta al fatto che le riserve obbligatorie (sotto forma di titoli di stato a breve termine) che le banche devono per legge detenere nella banca centrale erano troppo basse.

Visto che tali riserve dovrebbero servire proprio in questi momenti di bisogno e in tal caso si sono dimostrate insufficienti, la Fed ha deciso di aumentarle, aggiungendo al proprio bilancio titoli di stato a breve termine per un valore di 78 miliardi. In tal modo, il bilancio totale della banca centrale ha raggiunto il valore di 248 miliardi.

Quindi, attualmente la Fed considera risolta la crisi di liquidità giornaliera bancaria di fine 2019 che tanto aveva allarmato gli addetti ai lavori.

Dal punto di vista dei mercati azionari, dobbiamo pero’ mettere questa decisione della Fed in prospettiva, collegandola ad altre decisioni che sta prendendo in questi giorni e che sembrano arrivare a un punto di svolta che cambierà il trend principale della borsa USA.

Torneremo a breve con un articolo importante che esaminerà nel complesso tutti questi aspetti.

Il team di Strategie Economiche

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Analisi completa dell’oro a lungo termine

Negli ultimi otto mesi, l’oro si è incrementato di oltre $ 300 per oncia, cioè quasi del 22%, raggiungendo livelli che non vedeva da quasi sette anni.

La domanda è: possiamo aspettarci di più nel lungo periodo?

Abbiamo visto dei picchi durante il recente dramma iraniano e anche, in minima parte, all’inizio della paura del coronavirus. Certo, i titoli dei giornali determineranno sempre aumenti di breve periodo, ma sono i fondamentali a decidere la tendenza a lungo termine.

Vediamo allora alcuni indicatori di lungo termine.

Rapporto tra oro e Dow Jones

Questo indicatore mette in relazione il prezzo dell’oro con l’indice Dow Jones:

Attualmente ci vogliono circa 18 once d’oro per equiparare la quotazione del Dow. Il picco di questo rapporto oro-Dow fu raggiunto nel 1999, quando l’oro era a circa $ 290 l’oncia e il Dow era a circa 11.500 punti.

Il punto più basso invece arrivo’ al culmine del boom delle materie prime degli anni ’80, quando l’oro era quasi alla pari con il Dow dopo un lungo decennio di mercati stagnanti.

Il valore attuale di 18 indica che l’oro, rispetto alle azioni, è ancora relativamente poco costoso. E questo sarebbe confermato dalla pressione a rialzo che si è instaurata fin dall’inizio del 2019. Pressione che rende finora impossibile alle banche manipolare a ribasso le quotazioni dell’oro fissando la soglia massima degli ultimi 10 anni, cioè intorno a $1370 l’oncia.

Ora la manipolazione a ribasso riesce a malapena a mantenere il metallo giallo in un range compreso tra i $1450 e i $1600. E questa è sicuramente una pietra miliare nel lungo e faticoso percorso a rialzo di lungo termine.

Rapporto tra ETF e fondi di investimento

Un altro indicatore di lungo termine è il rapporto tra ETF legati all’oro e ETF legati al mercato azionario, considerato un indicatore del “sentiment” degli investitori.

Nel 2011, quando l’oro raggiunse il picco di circa $ 1.900 l’oncia, l’ETF SPDR Gold aveva le stesse dimensioni dell’ETF S&P 500. Ultimamente il rapporto fra i due ETF ha invece toccato il fondo nel 2018, con una dimensione relativa inferiore al 10%, che oggi è leggermente aumentata, portandosi al 14%.

Anche i fondi comuni di investimento legati ai metalli preziosi hanno avuto un decennio da dimenticare. Secondo i dati di Morningstar, in media sono diminuiti del 5% all’anno.

Questi dati dimostrano che la propensione degli investitori a comprare titoli di borsa legati all’oro non è minimamente vicina ai valori che si vedono nelle fasi di massima espansione delle quotazioni dell’oro e dei titoli ad esso legati. E questo nonostante tali quotazioni siano progrediti significativamente verso i loro massimi storici.

Questo dato ci dice ovviamente che il gap fra fondi, ETF ecc. e la quotazione dell’oro tenderà a essere riempito. Quindi la probabilità va verso un ritorno degli investitori in questo mercato, piuttosto che verso il flusso contrario.

Ma il dato contraddice anche l’ipotesi che si poteva fare sulla base del rapporto oro-Dow, cioè che le banche non riescono a calmierare le pressione a rialzo con la stessa efficienza di prima e quindi attualmente hanno fissato un limite superiore a quello degli ultimi dieci anni (1.450-1.600 l’oncia).

Se la pressione a rialzo dell’oro è creata dalle stesse banche, allora non c’è alcun “braccio di ferro” con gli investitori che giustifichi l’aumento della soglia di guardia per l’oro, ma si dovrebbe piuttosto ipotizzare che siano le banche stesse ad aver deciso questa nuova soglia, forse per dare piu’ valore agli ingenti depositi di oro che hanno accumulato nei dieci anni precedenti.

Anche qui, chiariamo una differenza tra i movimenti a lungo termine e quelli a breve.

Quando c’è una crisi o una notizia clamorosa sui giornali, il “braccio di ferro” effettivamente si instaura tra le banche e gli investitori, ma nel mercato dei futures, non nei fondi o negli ETF.

Le posizioni long che si accumulano nei futures riesce a superare le posizioni short delle banche, che perdono realmente il controllo, ma solo finché la crisi non viene superata. Dopo quel breve periodo, la situazione torna a favore delle banche (ed è cio’ che abbiamo visto nelle ultime due crisi “televisive”).

Noi invece stiamo discutendo dell’andamento a lungo termine e del perché questo si sia assestato su un nuovo livello di guarda (o, se volete, sotto una nuova “resistenza”), superiore a quello degli ultimi dieci anni…

Il rapporto oro-Dow fa pensare che vi sia una pressione maggiore verso gli acquisti di oro, grazie ai prezzi concorrenziali, rispetto a quelli azionari.

Il rapporto tra ETF e fondi auriferi e azionari invece fa pensare che questa pressione è ancora una mera possibilità (cioè gli investitori non sono ancora attirati da questi prezzi concorrenziali), mentre sono le banche stesse a far incetta di oro da talmente tanto tempo (e consideriamo che solo negli ultimi due anni le banche occidentali si sono aggiunte al party, fino a quel momento dominato dalle banche asiatiche) al punto da determinare un nuovo livello di guardia per il trend a rialzo di lungo termine.

Non è possibile confermare alcuna delle due ipotesi, percio’ le lasciamo entrambe aperte alle valutazioni dei lettori.

Infine, nessun discorso sui prezzi e sugli investimenti dell’oro dovrebbe ignorare un fattore chiave, ossia le scorte di miniere d’oro.

Le scorte delle miniere

Tutti i minatori di oro hanno un punto di pareggio in cui i loro costi di produzione corrispondono ai loro ricavi.

Se si scende troppo al di sotto di questo punto di pareggio, è semplicemente una strage…

Basta guardare indietro solo di due anni per avere molte prove di questo bagno di sangue, con decine e decine di imprese fallite o (quelle di maggiori dimensioni) costrette a ridimensionare le loro attività.

Ora invece, in corrispondenza di questa nuova “resistenza” alla quale sembra essersi stabilizzata la quotazione, stiamo entrando in una nuova fase in cui tale quotazione ridiventa un moltiplicatore di profitto per le miniere.

Nel 2019, i costi medi di gestione delle miniere sono saliti a $ 1.000 per oncia. Alle quotazioni attuali, tale costo medio permette alle miniere un guadagno di $ 273 per oncia. A $ 1.600, il guadagno salirebbe a $ 600.

Se confrontiamo questo dato con il trend delle quotazioni, possiamo vedere che:

  • Da una parte l’oro è salito di circa il 22%
  • Ma nello stesso periodo di tempo, la capacità di profitto per le miniere è salita del 120%

Bisogna considerare queste cifre nel contesto reale del mercato di oro fisico.

Le miniere o i loro intermediari raramente vendono a prezzi spot, cioè non vendono una certa quantità un certo giorno al prezzo del giorno.

Nella maggioranza dei casi, si stipulano contratti a lungo termine che vengono poi aggiornati man mano che cambiano quotazioni, costi, ecc.

Un trend a rialzo di lungo termine fa si’ che le proiezioni su cui vengono rimodulati questi contratti siano riviste stabilmente a rialzo, provocando una sorta di “leva” ai profitti delle miniere.

Quindi, riassumendo, la combinazione di prezzi dell’oro relativi ancora storicamente bassi, un basso interesse relativo degli investitori e una ventata imminente di profitti dei minatori dell’oro indicano che – almeno dal punto di vista dei fondamentali – c’è molto spazio di crescita per i prezzi dell’oro.

Tale affermazione pero’ va sempre abbinata a un attento monitoraggio di cio’ che accade dal punto di vista finanziario, cioè dei comportamenti delle banche centrali. Ma anche da questo punto di vista sembra che, per un motivo o per un altro, vi sia un allentamento progressivo del “guinzaglio” con cui le banche tengono a bada il loro avversario peggiore.

Il team di Segnali di Borsa

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Perché non è il momento di investire in titoli legati all’oro

Il mercato dei futures è arrivato a un livello che storicamente ha sempre portato a larghe perdite sull’oro:

Come si vede dal grafico, le “scommesse” a rialzo sull’oro da parte dei traders che usano i futures sono arrivate a un livello estremo, simile a quello del luglio 2016, che fu seguito da una discesa dell’oro del 17% a metà dicembre.

Il livello supera persino le “scommesse” a rialzo dell’agosto 2011, anno del picco storico dei prezzi dell’oro, seguito a maggio 2012 da una discesa del 19% del prezzo dell’oro.

E’ consuetudine pensare che quando il COT, cioè l’indice delle posizioni short o long dei traders, raggiunge degli estremi, il reversal delle quotazioni è vicino. E questo vale per qualsiasi sottostante, che sia l’oro, l’argento o un indice di borsa.

Quindi, anche se non sei d’accordo con la nostra tesi sulla manipolazione a ribasso da parte delle banche sui metalli preziosi (è un nostro tema ricorrente, ne abbiamo parlato ad esempio qui), la semplice analisi storica dovrebbe scoraggiarti dall’aprire posizioni long di qualsiasi tipo, sia nei futures che nei titoli azionari o gli Etf.

Uomo avvisato…

Il team di Strategie Economiche

Cosa puo’ far tornare il sereno nelle borse?

Possiamo vedere oltre le apparenze e individuare qualche segnale di ripresa nei mercati?

Mentre scrivo, lo S&P500 ha stornato fino intorno a quota 3240, che rappresenta la prima principale zona di supporto della discesa:

Se l’indice non andrà oltre questo supporto, ci potrebbe essere un rimbalzo verso l’alto già in tempi brevi. Rimbalzo che sancirebbe il ritorno del trend rialzista principale.

Le cose potrebbero andare in modo meno lineare di cosi’, con un ulteriore ribasso a quota 3140 oppure un rimbalzo breve seguito da un ribasso e un periodo altalenante. Ma in sostanza, come abbiamo detto fin dall’inizio dell’epidemia cinese, eventi di questo tipo non hanno mai distrutto le borse, nè provocato inversioni di trend principali, come si vede chiaramente da questo grafico storico:

Ma le evidenze statistiche non sono responsi magici.

Non basta dire che le borse sono arrivate a questo o quel livello, per assicurarci che come per magia le cose si avverino secondo le nostre previsioni.

Bisogna anche capire nel mondo reale cosa potrebbe invertire il trend a ribasso e instaurare di nuovo il trend rialzista principale.

E la risposta non puo’ essere che sempre la stessa: la Federal Reserve.

Con poche eccezioni, l’espansione di liquidità della Federal Reserve è il solo vero importante fattore che governa i mercati degli ultimi dieci anni. Ed è interessante notare che nelle ultime due settimane la Fed aveva interrotto l’immissione di questa liquidità (che coincidenza, vero?):

Il grafico mostra che, dopo aver immesso una quantità impressionante di soldi da settembre scorso per 4 mesi di fila, la Fed ha iniziato a prendersi una pausa.

Ma la pausa non durerà molto, soprattutto di fronte a questa inaspettata débacle dovuta all’epidemia.

Già prima dell’epidemia c’erano segnali, non solo che la Fed si stava preparando a sostenere di nuovo i mercati, ma che questa volta lo avrebbe fatto in grande stile, con una misura mai effettuata prima d’ora.

Che tipo di misura?

A dicembre la BIS (la banca centrale delle banche centrali) aveva spiegato in questa pubblicazione il meccanismo con cui i fondi di investimento potevano accedere indirettamente alla liquidità immessa dalla Fed da settembre.

Fino a quella data, la Fed infatti influenzava i mercati di nascosto, restando ufficialmente una istituzione imparziale.

Ma appena un mese dopo, a metà gennaio, Powell, il direttore della Fed, ha fatto una dichiarazione che ha stupito molti, ipotizzando di voler concedere ufficialmente ai fondi di investimento l’accesso alla liquidità della Fed.

Questo improvviso cambio delle tradizionali finalità della banca centrale americana dimostra due cose:

  • che l’immissione di liquidità ci sarà
  • che la Fed ormai ha rotto anche l’ultimo limite legale e il suo intervento sarà piu’ forte che mai

Prima o poi dovremo iniziare certamente a discutere dei rischi che si nascondono dietro a questa evoluzione del comportamento della Fed (e lo faremo presto con diversi articoli che abbiamo in preparazione).

Ma per ora il compito che abbiamo come investitori è di non perdere l’ultimo grande rialzo della borsa americana prima della sua fine.

E l’inversione dovuta al virus cinese, combinato con la prossima iniezione di liquidità della Fed, darà risultati spettacolari.

Il team di Strategie Economiche

Il virus cinese puo’ “contagiare” anche i mercati?

Le notizie sul contagio cinese possono avere effetti sulle borse paragonabili a quelli dell’uccisione del generale iraniano?

Deal USA-Cina: la “fase uno” del nulla…

President Donald Trump speaks before signing a trade agreement with Chinese Vice Premier Liu He, left, in the East Room of the White House, Wednesday, Jan. 15, 2020, in Washington. (AP Photo/Evan Vucci)

I media finanziari continuano a seminare forti dubbi sul fatto che la “fase uno” del deal USA-Cina sia qualcosa piu’ che un’operazione di facciata.

Attacco alla libertà individuale nel cuore dell’Europa

A fine dicembre in tutta la Germania si sono formate all’improvviso file di comuni cittadini davanti ai rivenditori di oro. Cosa era successo?

E se mercoledi la firma della “fase uno” tra Cina e USA si rivelasse una balla?

Piu’ si avvicina la data fatale: il 15 gennaio, piu’ i media ci rassicurano che tutto è pronto per la storica firma per la “fase uno” dell’accordo commerciale tra Cina e Stati Uniti.

Perché la BCE ha qualcosa da dire nel crollo del Ponte Morandi?

GENOA, ITALY - 2019/06/28: Explosive charges blow up the eastern pylons of collapsed Morandi bridge. The Morandi viaduct collapsed on August 14, 2018 causing the death of 43 people. (Photo by Nicolò Campo/LightRocket via Getty Images)

Comprendere le conseguenze economiche di una possibile revoca del governo italiano ad Atlantia, fa vedere le cose in modo del tutto diverso.

Dove andrà il prezzo del greggio? Si accettano scommesse…

Il prezzo del petrolio ha superato i $ 62 al barile dopo un forte calo del dollaro USA e una diminuzione delle scorte di greggio maggiore del previsto nell’ultimo rapporto di venerdì (circa 1,75 milioni di barili in piu’ del previsto).

Al centro dell’impero: col 2020 parte la nostra sfida al FOREX

Negli ultimi due mesi Strategie Portfolio, il servizio di trading di Strategie Economiche, ha iniziato a monitorare in tempo reale una situazione critica che la Federal Reserve (Fed) sta creando nelle forniture della liquidità che serve alle banche per le loro operazioni quotidiane.

E se la “desertificazione” colpisse anche i mercati?

Ultimamente il comportamento delle borse americane è diventato estremamente facile da prevedere.

Chi ci tiene prigionieri dello spread?

Perché, fra i paesi dell’UE a rischio, l’Italia è l’unica ad avere una pistola puntata alla tempia sotto forma di “spread”?

Perché l’Italia odia tanto gli ETF?

This picture shows the headquarters of the Monte dei Paschi di Siena bank on July 2, 2016 in Siena, in the Italian region of Tuscany. Italy's number-three bank, Banca Monte dei Paschi di Siena, took a hammering on the stock market on July 4 as the European Central Bank told it to slash its large bad-debt burden. Investors, many of them shaken by Britain's vote to leave the European Union, are fretting over the fragile balance sheets of debt-laden Italian banks. Banca Monte dei Paschi di Siena, or BMPS, is among the banks at the forefront of those concerns with gross bad loans amounting to 46.9 billion euros ($52 billion). / AFP / GIUSEPPE CACACE (Photo credit should read GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)

C’era una volta Fineco, una banca online innovativa dove potevi trovare tutti gli ETF disponibili sul mercato.

Il disastro nascosto delle banche italiane

A un decennio dalla crisi finanziaria globale, i segnali che il settore bancario dei paesi sviluppati è entrato nella fase finale del ciclo economico sono chiari: la crescita dei volumi e dei ricavi sta rallentando, con una crescita dei prestiti di appena il 4% nel 2018, il più basso negli ultimi cinque anni.

Perché le borse di oggi sono rischiose per ETF e futures, ma ideali per le opzioni

In questo articolo spiegherò, alla luce del particolare mercato in cui ci troviamo, cosa fare e cosa evitare per ottenere dei rendimenti.

Un profitto del 947,65% nel 2019? Ma quanto vale realmente?

Mancano ormai due mesi alla fine dell’anno e sono ormai pronto per fare un bilancio dell’ottimo rendimento ottenuto dai miei trade fatti in Strategie Portfolio.

Prima di fare i calcoli, ti ricordo che i miei trade sono del tutto trasparenti e ogni volta che vengono chiusi sono postati su telegram in tempo reale. In questo modo, iscrivendoti al canale, potrai seguire l’andamento del mio portafoglio per tutto il tempo che vorrai…

Le élites stanno vincendo la guerra al contante?

Con eventi come il possibile impeachment del presidente Trump e la guerra commerciale che dominano i titoli dei giornali, è facile dimenticare alcune tendenze economiche più profonde.

Uno di questi è la guerra delle élites al contante.

Le banche italiane e l’arte di fregarti soldi senza i tassi negativi

Le banche di alcuni paesi europei hanno già dichiarato la loro intenzione di far pagare i depositi ai loro clienti con i tassi negativi.

In Italia invece una analoga iniziativa annunciata da Unicredit ha provocato le ire delle altre banche.

Ulteriore passo dei brokers italiani verso la distruzione del trading individuale

Nella nostra Guida Gratuita alla Scelta del Broker avevamo fornito le prove che i brokers italiani (BinckBank, Fineco, Saxo) impongono delle commissioni che di fatto impediscono al trader retail (il trader individuale come te e me) di avere dei rendimenti nel lungo periodo.

In questo articolo avevamo fatto degli esempi pratici, calcoli alla mano, di come sia impossibile, anche avendo molti più trade in guadagno che in perdita, avere una attività di trading in attivo usando i brokers italiani.

Nella nostra Guida avevamo anche fatto una ipotesi sul motivo di questa differenza tra i brokers italiani e quelli di tutto il mondo civilizzato, non solo nelle commissioni elevate, ma anche riguardo alle barriere di accesso sempre più alte al mercato delle opzioni, Etf e futures imposte ai loro utenti.

La nostra ipotesi era che queste piattaforme stavano diventando uno strumento a disposizione dei gestori patrimoniali e i trader che lavorano per i grandi fondi e che quindi non avevano (e non avrebbero avuto in futuro) più alcun riguardo per il trader retail.

Oggi finalmente possiamo affermare con sicurezza che la nostra ipotesi è confermata.

Infatti, dopo la fusione con SaxoBank, la BinckBank ha iniziato a pubblicizzare fra i suoi utenti le sue nuove partnership con intermediari che nulla hanno a che fare con la sua iniziale vocazione al retail trading:

In particolare, Bnp, Societé Génerale e Franklin Templeton stanno pubblicizzando agli utenti di Binck i loro prodotti, quali gli Etf e le famigerate “AirBag Cash Collect”, da sottoscrivere direttamente sui siti di questi istituti, trasformando Binck in una semplice interfaccia tra l’utente e questi agenti collocatori.

Ora, che una banca faccia da intermediario per queste istituzioni, è del tutto normale, ma non si comprende il motivo per cui anche un broker di trading debba farlo.

A quel punto, quale differenza resterebbe ancora tra un borker e una banca commerciale? A livello di costi per l’utente, praticamente la differenza è nulla. A livello di barriere d’accesso ai mercati e ai titoli di borsa, stiamo tornando all’era precedente al 1980, quando internet non era ancora molto usato e potevi accedere a certe classi di titoli solo corrompendo un funzionario di banca.

Il mercato italiano sta conoscendo una involuzione senza precedenti di cui gli utenti finali dovrebbero essere consapevoli.

La differenza tra broker e banche di collocamento sta per essere annullata a favore delle seconde.

I costi per gli utenti finali saranno sempre più alti e sempre più difficili da stimare.

L’accesso ai mercati e ai titoli di borsa più remunerativi sarà sempre più riservato ai trader professionisti che lavorano per i grandi fondi, mentre l’utente non professionista dovrà rivolgersi ai padroni di questi ultimi, ossia agli intermediari istituzionali e ai grandi fondi, appunto.

Questa è la direzione che l’Italia ha deciso di intraprendere.

So che adesso potrà sembrare che voglia portare acqua al nostro mulino, ma ora più che all’epoca in cui avevamo scritto la nostra Guida, fare trading individuale senza i nostri consigli è semplicemente una attività in perdita, anche se tu facessi sempre dei trade positivi.

Non andare ancora in giro a trovare il Sacro Graal del trading, perché non esiste.

Il trading azionario non può dare più del 3% di rendimento annuale (ma nella normalità dei casi si aggira intorno allo 0,7%).

Se invece aggiungi il trading con le opzioni, puoi arrivare facilmente al 20-30% di rendimento annuale.

Strategie Portfolio non usa formule magiche e non è gestito da stregoni con la sfera di cristallo.

Dalla tabella dei nostri trade chiusi quest’anno, puoi vedere che abbiamo ottenuto un rendimento cumulato del 900% che in termini di rendimento reale (cioè rendimento “pesato”, ossia il cumulato diviso per il numero totale di trade) è attualmente il 24,9%:

Questa non è una performance speciale. Tutti gli esperti di trading con le opzioni che sappiano gestire i trade in perdita avranno lo stesso rendimento (tra il 20 e il 30% l’anno, come avevo detto prima).

Potremmo pubblicizzare alcuni nostri trade particolarmente redditizi, come quelli mostrati in tabella che hanno reso il 101%, il 119%, il 110%, il 67%, il 212%, il 220% e il 106% e dire che mettendo tutti i tuoi risparmi su questi trade la tua vita sarebbe cambiata per sempre. Alcuni trader americani lo fanno.

Nella realtà invece, per avere un rendimento almeno del 20-30% con le opzioni devi mettere una somma contenuta in un certo numero di trade complessivi per diluire il rischio. Non basta azzeccare tre o quattro trade. E devi saper gestire le perdite.

Ma soprattutto, devi fare le tue operazioni con una piattaforma o un broker che non ti mangia i guadagni, perché, come abbiamo mostrato in questo articolo, anche se sei bravo e hai più guadagni che perdite con i tuoi trade, se usi il broker sbagliato avrai un bilancio annuale negativo (se usi solo azioni) oppure molto inferiore al 20%, se usi anche le opzioni.

Questa è la realtà. Il resto sono solo sogni spacciati dal marketing spregiudicato che si usa in questo settore.

E dal momento che scegliere un borker adeguato e essere esperto di opzioni e di gestione del portafogli non è da tutti, ti consiglio vivamente di usare un servizio come il nostro, se vuoi avere ancora dei rendimenti con il trading. Soprattutto se sei residente in Italia, dove la situazione non potrà che peggiorare…

Strategie Portfolio è anche l’unico servizio che ti mostra gratuitamente e in tempo reale i profitti e le perdite maturati nel tempo!

Infatti, nel mio canale Telegram puoi guardare liberamente e per tutto il tempo che vuoi le operazioni chiuse e le strategie di Strategie Portfolio, oltre ai miei commenti e previsioni in tempo reale sui mercati. Ti consiglio vivamente di entrare nel canale per capire come si gestisce un vero portafoglio di titoli e avere una visione realistica del trading che raramente avrai altrove (non mi risulta che ci siano altri servizi di trading che ti mostrano in tempo reale profitti e perdite di un vero portafoglio).

Richard Clarck, coordinatore di Strategie Portfolio

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